Linda Bimbi, fuoco inestinguibile

La Sala della Protomoteca in Campidoglio a Roma stracolma di gente con la presenza di alcuni Premi Nobel per la Pace tra cui l’argentino Adolfo Perez d’Esquivel a parlare di diritti umani nel mondo, di come possano essere maggiormente rispettati nella vita delle persone. E una donna che si dà da fare perché tutto riesca al meglio, la partecipazione e gli interventi e l’eco che ne possa uscire per la stampa e i mass media internazionali. Era fatta così Linda Bimbi, per tanti anni infaticabile “motore” e anima della Lega per i diritti e la liberazione dei popoli e del Tribunale Russell.

Aveva cominciato come missionaria in America Latina e quell’esperienza la aveva profondamente segnata tanto da decidere di continuarla e anzi, se possibile, renderla più intensa ed efficiente. Sono questi i pensieri che sorgono leggendo il bel libro Tanti piccoli fuochi inestinguibili (edito da Nova Delphi, pag. 387, 25 euro) che raccoglie tanti degli scritti di Linda Bimbi. Sull’America Latina e i diritti dei popoli, a partire dall’inizio degli anni Settanta dopo la sua fuga dalla repressione della giunta militare al potere in Brasile. La sua amicizia e collaborazione con Lelio Basso, un socialista sui generis, poco incline alle ragioni di partito e apertissimo invece alle ragioni dei diritti universali calpestati ovunque questo avvenisse.

E spiccano nei suoi scritti il midollo e l’autenticità del suo essere, la sua laicità, lei che si considerava cristiana – un senso del cristianesimo che le derivava dalla sua educazione e dalle sue scelte di vita. Una grande gioia di vivere. Che secondo lei era “il frutto di tensione etica, di senso della vita ogni giorno riscoperto; sopravvive anche nei contesti misteriosi del dolore. Basta saperla coltivare”.

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