Pastori nuovi, testimoni dell’umanità di Gesù

Lasciarsi avvolgere dall’amore di Dio, percepire il suo abbraccio che mai s’allenta, sapendo che Egli vive nel quotidiano delle nostre famiglie, spesso affaticate, come nelle canoniche dove le voci si fanno sempre più rare. Il Vangelo della domenica in cui la nostra Chiesa celebra la Giornata del Seminario ci descrive tutti come un unico grande popolo, interpellato così dal Signore della Storia: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

Dio invita sempre operai a lavorare nella sua messe. Una messe fatta non di radici dottrinali o morali, non di servizi ecclesiali da erogare quasi a gettone, ma una messe rappresentata da una moltitudine di donne e uomini feriti dalla vita. Stare in mezzo a loro, a nostra volta da affamati e da assetati, è la missione di ogni chiamato. Di un prete in forma totalizzante. Il Seminario dovrebbe servire anzitutto a questo. Perché qui si gioca la bontà dei pastori di domani. Anche per questo ogni primo sabato del mese ci ritroviamo, dalla scorsa primavera, a Trento in Sant’Apollinare a pregare per le vocazioni, con particolare riguardo a quelle di speciale consacrazione. Pregare non solo per invocare il dono di nuove persone interamente donate a Dio ma, soprattutto, persone nuove, capaci di testimoniare non un Dio anonimo, ma Gesù di Nazareth e la sua umanità. Anche in questa Giornata del Seminario mi permetto di rilanciare un unico grande invito: diciamo “grazie” al Dio del Nazareno, che si cura non delle pecore sane e produttive, ma di quelle perdute, smarrite, malate. Sono loro a “chiamarci” e a dare senso alla nostra esistenza. In loro vive Dio, l’unico Pastore: “Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

+ Arcivescovo Lauro

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