Generosi, ovvero generativi

Non sa di “lunedì” l’omelia proposta da Papa Francesco a Santa Marta nella Messa mattutina di lunedì scorso. Il Vangelo (Lc 21,1-4) è quello in cui Gesù si ferma a guardare alcuni ricchi che gettano nel tesoro del tempio le loro offerte e la vedova povera che getta nel tesoro tutto quello che gli è necessario per vivere.

Papa Francesco si sofferma sui personaggi, i ricchi e la vedova, per spronarci a riflettere sulla generosità, una delle tante qualità del santo. I ricchi del racconto di Gesù, ci dice il Papa, non sono cattivi, anzi, sono buoni. Fanno la loro parte, non trascurano l’elemosina. La vedova è santa perché il suo donare si fonda sulla fiducia che “Dio provvederà”. Lei sa chi è più importante tra i doni e il Donatore. Questa fede limpida e radicale per Papa Francesco si può anche sperimentare attraverso un esercizio semplice e a portata di tutti, quello della generosità. Parlo di un esercizio perché può concretizzarsi nel quotidiano: un giretto tra gli armadi delle nostre case per porsi la semplice domanda: “quante paia di scarpe ho?”

Una domanda che può scovare in noi il tarlo del consumismo, quella “malattia del cuore”, come la descrive il Papa, che ti fa credere di essere qualcuno in quanto possiedi, sempre di più. E diventi un ricco senza nemmeno accorgertene, per accumulo e noia, perché, di fronte ad un nuovo acquisto scambi il bisogno che hai di saperti amato, con il bisogno surrogato di possedere quell’oggetto, una macchina nuova, un vestito, un divano, lo stare in pace lontano da tutto e tutti. “Consumo dunque esisto”, direbbe il sociologo Baumann.

La parola generosità è imparentata con la parola generatività.

Il Papa ci dice che le persone generose diventano “magnanime” in quanto il loro cuore si allarga perché ci fa entrare l’altro, l’ammalato, il povero, il giovane (ahimé, il giovane ci dovrebbe stare già dentro..), lo straniero, il genitore anziano e bisognoso di tempo.

Il cuore quindi si fa grembo accogliente e il miracolo della vita ricomincia anche dopo un pomeriggio passato dalla nonna, al lavoro, o dopo aver ispezionato il guardaroba e aver deciso di regalare ad una persona abiti ancora buoni, ancora capaci di trasmettere cura, attenzione.

Il nostro Pastore invita tutti a praticare questo semplice esercizio della generosità. Chissà che, proprio in questo nuovo periodo di attesa, di Avvento, non ci accada di ingravidarci degli altri, sentirceli in pancia per riconoscere e rigenerare anche noi stessi alla presenza di Gesù tra noi.

Lui si è presentato al mondo come un figlio e ha fatto sì che nessun uomo possa sentirsi estraneo a Lui e agli altri proprio perché figlio. Siamo diventati figli nel Figlio. Tutti. E se, guardando il tossicodipendente, il carcerato, lo studente bullo, fossimo ancora capaci di ricordarci che c’è stato un tempo in cui erano bambini, e che rimangono per sempre figli? Di chi?

Chissà se Gesù guardando la vedova quel giorno, avrà pensato alla sua mamma ricordandosi del grembo che lo ha accolto e amato come un figlio, donando tutto. Cosa avrà pensato la vedova nel gettare tutto quello che aveva? Forse si è sentita semplicemente figlia. Così sono i santi. Un po’ matti, generosi, capaci di mettere in discussione i propri stili di vita purché non accada loro di non riconoscere Gesù nell’altro, chiunque esso sia, l’altro che, con la sola sua presenza filiale, interpella, fa muovere la pancia.

Chiara Gubert

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