Il ricordo del giovane reporter Megalizzi, ucciso a Strasburgo: “Ciao Antonio, continua a sognare anche per noi”

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Saranno celebrati mercoledì 19 o o giovedì 20 nel Duomo di Trento dall’arcivescovo Lauro Tisi,  in forma pubblica, i funerali di Antonio Megalizzi, il giovane reporter ucciso martedì 11 dicembre nell’attentato di Strasburgo. E’ morto anche Barto Pedro Orent-Niedzielski, 35 anni, detto dagli amici Bartek, colpito anche lui da Cherif Chekatt, il terrorista poi rintracciato e ucciso nel conflitto a fuoco con la polizia. Con l’amico e collega Antonio, Bartek condivideva la passione nel raccontare alla radio l’Europa. Sale così a cinque il bilancio della strage. Antonio e Bartek andati con Clara Rita Stevanato e Caterina Moser, le due studentesse universitarie a Parigi, al mercatino di Natale dopo una giornata di lavori all’Europarlamento. Quando Chekatt ha iniziato a sparare sulla folla, le due giovani sono riuscite a scappare. Per Antonio a Bartek invece non c’e’ stato scampo.

Nella chiesa di Cristo Re a Trento proseguirà fino al giorno del funerale la preghiera comunitaria alle 17.30 per Antonio Megalizzi e la sua famiglia. Lo ha deciso il comitato di comunità riunitosi domenica sera con il parroco don Mauro Leonardelli.

L’arcivescovo Lauro ha espresso parole di profondo affetto e di vicinanza alla famiglia e alla comunità di Cristo Re a Trento, dove il giovane viveva. Queste le parole dell’Arcivescovo: “Ciao Antonio, Dio ti restituisca quel sorriso che ti aveva donato, che a tua volta hai regalato a mamma Annamaria, a papà Domenico, a tua sorella Federica e a Luana. Quel sorriso, che ha saputo toccare tanti cuori e varcare confini impensati, è stato motore di relazioni e testimonianza della bellezza della vita, anche in queste drammatiche ore, in cui ti abbiamo conosciuto più da vicino. Per questo ti diciamo un profondo ‘grazie’. Dio te lo restituisca, Antonio, quel tuo sorriso contagioso! E ti lasci tornare a sognare. Fallo anche per noi”.

Un pensiero sulla vicenda lo esprime anche don Ivan Maffeis, già direttore di Vita Trentina e responsabile dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana, affidandolo all’agenzia Sir. Lo riportiamo integralmente di seguito.

La morte di Antonio Megalizzi ci testimonia che un’altra Unione è possibile

Cerco pensieri e parole per offrire ai parrocchiani uno spunto d’omelia in questa terza domenica del cammino d’Avvento. L’invito alla gioia che ne attraversa le letture si sovrappone con il viso sorridente e luminoso di Antonio Megalizzi, il giovane giornalista trentino rimasto vittima dell’attentato terrorista di martedì 11 dicembre ai mercatini di Natale di Strasburgo.

Davanti a volti come il suo diventa subito chiaro l’appello che Papa Francesco ha più volte ripetuto, scontentando chi presume di possedere verità: “Abbiamo bisogno di ascoltare i giovani, senza esclusioni. Ognuno di loro ha qualcosa da dire agli altri, ha qualcosa da dire agli adulti, ha qualcosa da dire ai preti, alle suore, ai vescovi e al Papa!”.Quante cose ci affida Antonio; quante cose rimbalzano con intensità nei brevi anni della sua vita: la famiglia, lo studio, gli affetti; la volontà di andare oltre per conoscere, capire e incontrare; la passione per la radio, la politica, il giornalismo.Quanti luoghi comuni contribuisce a spazzar via, quante analisi affonda, quasi le nuove generazioni fossero semplicemente sedute, ripiegate e spente.Chi con violenza assurda e omicida ha voluto spezzare l’esistenza di Antonio ha ottenuto l’effetto contrario: la morte di questo giovane ha dato risonanza planetaria a un patrimonio di valori e progetti, di cultura locale e universale, di impegno civile aperto e propositivo. Mentre il mondo adulto trova nella crisi finanziaria, economica, sociale e politica dell’Europa un motivo per prenderne le distanze, Megalizzi ci testimonia che un’altra Unione è possibile, se non ci si limita a intervenire sugli effetti e non sulle cause.Un’Unione non sopra gli Stati, né a prescindere dagli Stati, ma Casa comune proprio grazie alla capacità di valorizzare l’identità storica, culturale e morale dei popoli del Vecchio Continente e di costruirsi sul rispetto della dignità di ogni essere umano.“Il tuo sorriso, Antonio, ha saputo toccare tanti cuori e varcare confini impensati – ha detto il vescovo di Trento, Lauro Tisi – è stato motore di relazioni e testimonianza della bellezza della vita, anche in queste drammatiche ore in cui ti abbiamo conosciuto più da vicino. Per questo ti diciamo un profondo grazie”.Ivan Maffeis
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