Quando Francesco vide il Sultano

Esattamente 800 anni fa l’incontro tra Francesco d’Assisi e il Sultano d’Egitto Melek-el-Kamel]

Nel giugno 1219, in piena Quinta Crociata, Francesco d'Assisi, dopo alcuni tentativi falliti, saliva con alcuni Frati su una barca di militari e mercanti e raggiungeva il porto di Saint-Jean-d'Acre, nel nord della Palestina (l’attuale cittadina israeliana di Akka) con l’obiettivo di far visita al sultano di Babilonia. L’incontro avvenne, probabilmente nella tregua d’armi tra i mesi di agosto e settembre, nel porto di Damietta, sul delta del Nilo, 200 km a nord de Il Cairo, dove il nipote del Saladino, contro il parere della corte, accolse i frati con grande cortesia, offrendo loro pure dei doni, rifiutati in omaggio al voto di povertà.

Si tratta di un episodio, perlopiù ignorato dal mondo islamico, e raccontato invece da diverse fonti cristiane (alcune di scarsa attendibilità in quanto di chiaro intento agiografico), indagato da secoli dagli storici francescani e che ha ispirato la fantasia di poeti e artisti, come testimonia il Canto XI del Paradiso di Dante o l'affresco attribuito alla Scuola di Giotto nella Basilica Superiore di San Francesco in Assisi (dove viene raffigurata anche l'ordalia, la prova del fuoco che Francesco avrebbe proposto al Sultano per stabilire la vera fede, un evento però ritenuto dagli storici un falso).

E' Francesco stesso ad indicarci le sue intenzioni nella Regola non Bollata: «Dice il Signore: “Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi. Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe” […

I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti né dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, e nel Figlio redentore e salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani» (FF 42-45).

«Credo che il modo più significativo di celebrare questo evento storico sarà di continuare a coltivare tutte quelle iniziative di dialogo, di incontro e di amicizia che già stiamo coltivando e che vanno nella direzione opposta della cultura dello scontro di civiltà» ha risposto il Custode di Terra Santa, il trentino fra Francesco Patton in una recente intervista dove aggiungeva «Personalmente ritengo che il “sognatore” Francesco, abbia dimostrato molta più lungimiranza, senso pratico ed efficacia di tutti coloro che preferivano lo scontro al dialogo. Il risultato sta proprio nel fatto che a distanza di otto secoli noi francescani siamo ancora in Terra Santa vivi e attivi».

In merito all’impatto dell’incontro all’epoca e alla sua attualità fra Michael Cusato ofm, docente di studi francescani alla St. Bonaventure University spiega: «Non sono stati molti i frati allora ad aver compreso e accettato la radicalità dell’intuizione di Francesco, ossia che il Sultano e tutti i musulmani erano davvero suoi fratelli e sorelle e che un ulteriore spargimento di sangue avrebbe costituito una violazione della sacra fraternità umana voluta da Dio per TUTTE le sue creature, una posizione certamente controcorrente rispetto alla cultura dell’epoca. Non si può neppure affermare che esista un legame diretto tra l’incontro e gli eventi che si sono verificati successivamente: le crociate continuarono come iniziativa politica papale e i musulmani per garantirsi la sovranità sul territorio in Medioriente».«L’incontro rappresenta oggi un esempio straordinario di ciò che sia possibile quando cerchiamo e troviamo il terreno comune nella nostra umanità e nella sacralità della creatura umana. Esso mostra che secoli di colonizzazione e battaglie possono essere riscritti in modo da trasformare le spade in vomeri. E, proprio sulla scia dell’11 settembre, questo è emerso come uno dei segnali più chiari che la riconciliazione e la convivenza sono ancora possibili tra coloro che sono disposti a sostituire la spada con una stretta di mano».

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