Il brusco risveglio del Venezuela

L’avvento al potere di Maduro e il diffondersi della corruzione hanno posto fine al “sogno” dei seguaci di Bolivar

La storia recente del Venezuela sembra ripercorrere gli itinerari “classici” delle rivoluzioni sudamericane degli ultimi decenni del secolo scorso. Partita con le migliori premesse la rivoluzione bolivariana si è via via impantanata nei suoi stessi errori, tradendo le promesse. Se agli inizi degli anni ’90 del Novecento Chavez, anonimo alto ufficiale dell’esercito, aveva saputo entusiasmare gli abitanti dei quartieri derelitti di Caracas, i barrios, con l’impegno preciso di riscattarli dalla povertà endemica mediante la sanità e l’istruzione gratuita per tutti, tutto ciò non è bastato. In effetti qualcosa di nuovo stava capitando se è vero che molte abitazioni sono state costruire e risanate; che tantissime bambine e bambini hanno potuto andare a scuola per la prima volta e accedere all’istruzione di ogni ordine e grado; che il principio universalistico del diritto alla salute si andava diramando in ogni ambito sociale superando discriminazioni di reddito inveterate. E tutto questo veniva pagato con la ricchezza petrolifera – giacimenti immensi di petrolio disseminati ovunque nel mare che è intorno al Venezuela. Un dividendo che per la prima volta bella storia venezuelana veniva distribuito alla gente più povera ed esclusa. Tutto ciò va riconosciuto all’intuizione del fremente Hugo Chavez che non era esente da atteggiamenti tipici di ogni caudillo e che però aveva sollecitato l’entusiasmo di milioni di descamisados.

C’è stato qualcosa che ad un certo punto non ha funzionato o si è inceppato ed è stato quando la classe dirigente di Caracas non si è accorta che l’economia era diventata dipendente dalle importazioni, facendo affidamento sul solo petrolio (un mare immenso di petrolio, ma pur sempre una monocoltura) e non si diversificava abbastanza per avviare un’economia capace di valorizzare le tante risorse di cui il Venezuela dispone (materie prime, agricoltura, capacità cooperativistiche).

L’avvento al potere di Maduro, umbratile e privo di carisma e di strategia politica, e il diffondersi a tutti i livelli della corruzione hanno posto un brusco risveglio al “sogno” dei seguaci di Bolivar. Il Paese è spaccato a metà: una parte della popolazione continua ad appoggiare l’attuale inquilino di palazzo Miraflores, mentre larghi strati di ceti medi impoveriti guardano con nascenti speranze all’opposizione. Che non è affatto omogenea, ma piuttosto frammentata. L’autoproclamato presidente Juan Guaidò s’è ripromesso di rappresentarla in modo unitario, ma non è detto ci riesca.

E’ in questo scenario che risulta importante il ruolo della Chiesa cattolica e il fatto che il cardinale Parolin sia stato nunzio a Caracas e che il nuovo sostituto alla segreteria di Stato vaticano, l’arcivescovo Edgar Pena Parra, sia venezuelano non può che agevolare l’incontro e il dialogo fra le parti. Questo tavolo va avviato, perché la gente non ne può più. Con un’inflazione alle stelle che rende la moneta carta straccia e vanifica qualsiasi tentativo di dare consistenza a stipendi e salari (e pensioni); con una povertà che si estende ovunque tanto che le persone sono costrette a rovistare nella spazzatura per trovare qualcosa da mangiare; con circa 3 milioni di venezuelani che hanno lasciato la loro terra e non certo per trovare situazioni di vita migliori (in Colombia e in Brasile si dà la caccia ai venezuelani che, si dice, devono tornare a casa loro). Insomma, un compromesso, e nell’immediato elezioni politiche – presidenziali e legislative – che diano voce ai venezuelani.

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