Il “reddito” divide, a Roma come a Trento

In commissione al Senato pioggia di emendamenti sulla misura simbolo dei Cinque stelle. Molti anche della Lega

Sul reddito di cittadinanza piovono gli emendamenti. La misura fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, attualmente in discussione in commissione Lavoro al Senato, andrà in Aula martedì 19 febbraio, carica di emendamenti. A presentarli, anche gli alleati di governo della Lega, con proposte – come quella che vorrebbe limitare la possibilità di accesso al reddito di cittadinanza a chi ha lavorato nella propria vita almeno due anni o quella che porta a 36 ore a settimana invece che 8 le ore di lavori socialmente utili da svolgere da parte dei beneficiari – che marcano la distanza tra i due partiti al governo. Restano ancora nodi da sciogliere, come peraltro si verifica anche per l’altra misura simbolo della maggioranza di governo, “quota 100” per le pensioni. Altri emendamenti allargano i cordoni per i disabili e per le famiglie: la volontà di aumentare l’importo del reddito di cittadinanza per le famiglie è l’unico punto di convergenza tra M5S e Lega. Per il resto, gli emendamenti presentati in commissione dai due partiti di maggioranza divergono su tutto.

Nel frattempo, Trento avanza a Roma la richiesta che le risorse per gestire il reddito di cittadinanza siano assegnate direttamente alla Provincia autonoma di Trento, le cui strutture hanno dato già buona prova gestendo il cosiddetto “assegno unico”, la misura provinciale che ha riunificato diversi strumenti di sostegno nell’ambito del welfare provinciale. E’ questo quanto è andata a chiedere l’assessora provinciale alla salute e politiche sociali, Stefania Segnana, in commissione politiche sociali a Roma al vicepresidente del Consiglio dei Ministri Luigi Di Maio, martedì 12 febbraio.

L’incontro è servito a raccogliere i pareri degli assessori regionali e delle Province autonome competenti. Nell’occasione sono emersi alcuni aspetti che fanno poblema, come la questione dei cosiddetti “navigator”, cioè i tutor che dovrebbero accompagnare nel mondo del lavoro chi accede al reddito di cittadinanza. L’assessora Segnana ha ricordato che i Centri dell’impiego provinciali hanno già esperienza in materia di assegno unico, di cui tra l’altro possiedono uno storico dati. Che sulla questione il confronto con Roma sia tutt’ora in corso l’aveva ricordato anche l’assessore provinciale allo sviluppo economico, lavoro e ricerca, Achille Spinelli, nel corso della recente assemblea di Confindustria Trento. “In Trentino – ha ricordato in quell’occasione Spinelli – c’è l’assegno unico, c’è un sistema che funziona, basato su Agenzia del lavoro e i centri per l’impiego, qualche aspetto andava rivisto, ad esempio la formazione e la profilazione non vanno standardizzate, ma su questo ci lavoreremo. Sui navigator, non sappiamo ancora come vengono selezionati. Cercheremo di adattarli al sistema Trentino”.

Su reddito di cittadinanza e assegno unico provinciale si è a lungo dibattuto nell’Aula del Consiglio provinciale, dove nella notte tra mercoledì 6 e giovedì 7 febbraio è stato approvato il disegno di legge provinciale n. 3/2019 che introduce variazioni al bilancio provinciale. 20 i voti favorevoli, 12 i contrari (Pd, Futura, 5 stelle, Rossi e Dallapiccola del Patt), due i voti di astensione (Ossanna e Demagri del Patt).

L’urgenza del provvedimento era motivata dalla necessità di disporre di ulteriori risorse per gli interventi di ripristino dei danni prodotti dal maltempo che aveva interessato anche il Trentino alla fine dello scorso mese di ottobre.

Ma oltre alle risorse per far fronte ai danni del maltempo, nella variazione al bilancio sono stati anche inseriti altri provvedimenti, come quello che riguarda l’aggiornamento della normativa in materia di assegno unico provinciale proprio alla luce delle novità introdotte con il nuovo reddito di cittadinanza nazionale, norme che sospendono le disposizioni riguardanti le gestioni associate degli enti locali (la Giunta provinciale si è impegnata a presentare al Consiglio delle autonomie, in tempi brevi, una proposta di riordino complessiva della materia), la semplificazione e accelerazione di alcune procedure di affidamento degli appalti (affidamento diretto di lavori di importo fino a 150.000 euro).

Quanto all’assegno unico provinciale, per accedere al sostegno al reddito oltre al requisito della residenza continuativa in provincia di Trento di almeno 3 anni, è stato aggiunto il requisito della residenza in Italia da almeno 10 anni (di cui gli ultimi due anni in modo continuativo). Dissenso radicale sia rispetto al metodo sia rispetto al merito, e in particolare rispetto al requisito dei dieci anni di residenza, è stato espresso in sede di dichiarazione di voto dai consiglieri di minoranza Tonini (Pd), Ghezzi (Futura), mentre Rossi (Patt) ha spiegato il suo “no” per la lesione all’autonomia del sistema di welfare trentino.

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