Brucia la gobba…

La tradizionale festa
Quello di Palù del Fersina è uno dei riti carnevaleschi più antichi del Trentino che quest’anno messo in scena anche a Venezia, in una storica “trasferta”Trasmesso di generazione in generazione, si è svolto martedì 5 marzo a Palù del Fèrsina/Palai en Bersntol uno dei riti carnevaleschi più arcaici del Trentino. Il mascheramento delle tre principali figure, l’insieme delle gestualità e il percorso che svolgono, richiamano infatti elementi ancestrali e profondamente legati alla comunità germanica che ha colonizzato nel XIII secolo la parte superiore del torrente Fersina.

Il bètscho e la bètscha, scelti dai coscritti, hanno il volto e le mani dipinti di nero, mentre il terzo personaggio, denominato Oiertroger o anche Teit, padrino, ha semplicemente il volto un po’ abbellito con dei colori, è vestito in maniera più elegante, anche se non gli mancano orpelli e nastri colorati. Sulla schiena porta una kraks, una cassetta nella quale raccoglie le uova offerte dalle famiglie dove i suoi due compagni hanno effettuato la semina: spargendo della segatura su ogni uscio, augurano alle famiglie, scherzosamente e esagerando nelle quantità, prosperità, un buon raccolto e ricchezza.

Il bètscho indossa un alto copricapo di pelle di capra, un grande camicione di canapa che racchiude sulla schiena una gobba di paglia fermata in basso da una cintura con un campanaccio e avanza con salti e balzi con l’aiuto di un grosso bastone. La bètscha porta invece un vestito da donna, un cappellino da uomo e soprattutto in mano uno scopino di saggina con il quale si lancia all’inseguimento del bètscho colpendolo sulla gobba.

I due “vecchi” segnano di nero il volto le ragazze e i bambini che incontrano lungo il percorso. Terminata la semina di una parte del paese, l’Inderpòch, e raggiunto il bar, si lanciano in un ballo durante il quale il bètscho cade a terra come morto. La bètscha ricorda soprattutto le sue malefatte e cerca addosso al vestito tracce di un testamento che puntualmente compare e che, letto ad alta voce ai presenti, tira in ballo le coscritte e le ragazze fidanzate del paese. Oggetto del testamento sono sempre i lavori più odiosi e le proprietà più misere, oppure beni improbabili. Alla fine il bètscho rinviene e al ballo successivo le parti si invertono: ora tocca ai coscritti e ai ragazzi.

I bètsche, sempre accompagnati in maniera meno impetuosa dall’Oiertroger, dai coscritti e dai musici, distribuiscono a tutti i presenti delle torte che avevano richiesto di preparare qualche giorno prima alle ragazze e, prima di proseguire il ciclo nell’altra parte del paese, l’Auserpòch, lanciano nei prati da un punto elevato le padelle ormai vuote.

Al tramonto, letto il secondo testamento e distribuita l’ultima serie di torte, tutti si recano alla Schèrzarbis, dove viene bruciata la gobba di paglia del bètscho, i testamenti in un grande falò, vòschn, che dà l’addio al carnevale.

Sono particolarmente numerosi i significati che vengono attribuiti al volto dipinto di nero, al vestiario, alle gestualità e alla messa in scena del testamento: indubbiamente sono comunque espressione di una comunità interamente coinvolta e che ha sempre saputo e sa ancora mettere in scena e ridere sui propri vizi e difetti.

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