“La foto che non ho fatto”

[Al Museo diocesano la testimonianza del fotorepporter “sociale” Stefano Schirato: “Do voce a chi non ne ha”T

La racconta così. Si trovava a Tijuana, città di confine tra Messico e Usa. E assistette ad una scena che gli cambiò la vita. Uomini e donne che mettevano la testa al di là delle “maglie” larghe di un cancello per respirare l’aria degli States. “Una follia”, il primo pensiero passatogli in testa. Per Stefano Schirato, quarantacinquenne nato a Bologna che vive a Pescara, una laurea in scienze politiche, la svolta professionale, in direzione di un fotogiornalismo di carattere sociale, che indaga e rappresenta per immagini, racconta storie, è nata dall’altra parte dell’oceano. Seguendo pochi ma precisi filoni: i migranti, l’ambiente e la malattia mentale. “Terra Mala. Viaggio nella terra dei fuochi” è il suo ultimo lavoro, durato qualche anno, che ha portato ad una mostra, ora in corso al Museo Diocesano Tridentino di piazza Duomo a Trento (fino al 6 maggio, orario di apertura il lunedì, dal mercoledì al sabato 9,30-12,30; 14-17,30; la domenica 10-13 e 14-18; chiusa il martedì) e ad un libro- catalogo. Foto in bianco e nero che documentano, ma è termine riduttivo, piuttosto, mettono in evidenza con precisione, con la forza evocativa di uno scatto, non solo i luoghi dove, in Campania, vengono sversate tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici, nascosti, seppelliti, ma gli effetti che l’azione criminale delle mafie che imperversano provocano sulla popolazione. Degrado ambientale e tumori che colpiscono, in maniera esponenziale rispetto ad altre parti d’Italia, tanti bambini. Una via crucis che tocca molte famiglie, spesso impotenti di fronte a un dolore indicibile. In precedenza, Schirato aveva seguito i migranti sulla rotta balcanica, era andato fino a Lesbo, l’isola greca dove approdano, anche adesso, dalla Turchia. E’ entrato in una clinica per ragazzi con problemi mentali di un paesino abruzzese, frequentato una comunità per ragazze anoressiche, salito a bordo delle navi mercantili sequestrate, da Porto Marghera a Genova, vivendo con i marittimi costretti a stare lì, impossibilitati a muoversi, tra noia e fame. Nel deserto, mentre seguiva il popolo Saharawi che chiede l’indipendenza da decenni, venne arrestato dall’esercito marocchino, espulso e caricato su un aereo direzione Italia. In Cambogia ha documentato la prostituzione minorile e l’effetto dell’Aids sui corpi di chi ne è colpito. Reportage sociali, lunghi anni, che vanno a comporre libri ma finiscono anche sui giornali. Quasi un riposo, a doversi “distrarre” almeno un po’, Schirato è finito sul set di alcuni film dell’Oscar Giuseppe Tornatore, fotografandone i backstage. “C’è un’urgenza in quello che faccio – riflette – Quella di vedere con i miei occhi. Lo faccio per me. Do voce a chi non ne ha seguendo una linea di mezzo: mi immischio ma senza rimanere agganciato. E, a volte, abbasso la macchina. Non ce la faccio a fotografare. C’è un limite. Come quando, a Lesbo, vidi gli occhi di quella bambina appena sbarcata da un gommone. Erano gli occhi di mia figlia. Poteva essere uno scoop, ma non ho scattato”.

Il prossimo

Prossimo “testimone” della rassegna curata dal Museo diocesano sarà Lucariello, nome d’arte di Luca Caiazzo, il capostipite del Rap napoletano che terrà il primo concerto a Trento lunedì primo aprile alle 21 presso la sala della Fondazione Caritro in via Calepina (ingresso libero).

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