“La scuola valorizzi lo sport paralimpico”

“Nello sport, oltre lo sport: genere e cultura paralimpica”: ne hanno discusso, lo scorso 20 marzo, la paraciclista bergamasca Claudia Cretti e l'allenatrice moriana Alessandra Campedelli

“Prima ero una velocista e avevo una squadra che mi tirava la volata, ora invece è un po' più dura. Ma la forza di volontà non mi manca e quello paralimpico è un ambito che sta cambiando profondamente, in meglio”. Parole della paraciclista (categoria C4) bergamasca Claudia Cretti, in apertura dell'incontro “Nello sport, oltre lo sport: genere e cultura paralimpica”, che si è tenuto lo scorso 20 marzo a Trento, nel Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale.

Se è vero, infatti, che sono appena 12 mila le persone con disabilità tesserate a Federazioni, distribuite su 1.800 società, è altrettanto vero che, grazie all'enciclopedia Treccani, la lingua italiana si è recentemente arricchita di un nuovo lemma: paralimpico, adesso, è anche un disabile che pratica una disciplina sportiva e non più solo un atleta che va alle Olimpiadi. A PyeongChang 2018, peraltro, l'Italia e l'Arabia Saudita erano le uniche due nazioni a non avere donne tra i convocati.

“Anche da parte mia il passaggio al paralimpismo non era affatto scontato. Tornare in bici, tuttavia, è stato più facile che tornare lo scorso settembre all'università, per continuare a frequentare Lingue moderne”, ha ammesso, scherzando, la non ancora 23enne Cretti, che, il prossimo 9 aprile, a Massa-Carrara, farà la sua prima gara con l'ASD Born to Win di Loreto, squadra “nata per vincere” proprio come lei, vittima, nel luglio 2017, di una caduta al “Giro Rosa” e rimasta in coma per 13 giorni.

“Un importante supporto, non avendone altri a livello normativo, me l'ha dato proprio UniTrento con il suo programma TOPSport, che sostiene la dual career di studenti-atleti di alto livello. Un problema in meno, visto che già dobbiamo fare i conti con quello del dilettantismo. Basti dire che, dopo la caduta, tutte le spese mediche sono state a carico della mia famiglia”.

Ancora oggi infatti, a distanza di 38 anni dalla legge 91/1981 sul professionismo, le donne – per lo Stato italiano – non hanno nessuna delle tutele basilari che dovrebbe avere chi fa, o volesse fare, dello sport il proprio lavoro. Per contro, dal 2012, le Forze Armate hanno aperto al paralimpico.

“Noi donne, studentesse o lavoratrici, dobbiamo prendere ferie per poter partecipare all'attività agonistica e affrontare – battendo nel caso di Stati Uniti e Russia, mentre nulla abbiamo potuto con il Giappone – anche squadre di professioniste. Inoltre, per pagarci viaggi e stage, abbiamo bisogno di sponsor. Due dei nove raduni preolimpici li abbiamo fatti proprio qui in Trentino, a Ronzo-Chienis, che non ci ha fatto mancare il suo appoggio”, ha sottolineato la moriana Alessandra Campedelli, medaglia d'argento ai Deaflympics (Giochi Olimpici Silenziosi) di Samsun 2017, guidando la Nazionale Italiana Sorde di volley, ammirata anche per aver “cantato” l'Inno di Mameli nella lingua dei segni. “Proprio come Claudia, anch'io sono stata fagocitata dal mondo paralimpico, senza pensare a tutto quello che avrebbe comportato. Avendo un figlio sordo – il più piccolo, Riccardo, che ha giocato come palleggiatore pure nel Trentino Volley – sono stata subito accettata. E ho potuto elaborare nuovi metodi di allenamento e di comunicazione, che mi sono tornati utili anche con gli udenti”.

Pur avendo risultati e modelli tanto vincenti quanto comunicativi, in grado di influenzare positivamente la cultura non solo sportiva del nostro Paese, il paralimpismo fatica però a promuovere l'attività motoria fin dall'età scolare.

“È la scuola che deve valorizzare l'aspetto positivo, soprattutto sociale e relazionale, dello sport paralimpico, facendo conoscere le strutture esistenti. Se una famiglia non conosce questo potenziale, da sola può ben poco. La visibilità passa anche da queste cose”, ha fatto presente Campedelli, classe 1974, allenatrice di terzo grado FIPAV sia maschile sia femminile. “Nel nostro caso, non essendoci squadre di sordi a sufficienza, per poter giocare con gli udenti, gli atleti, oltre che alla FSSI, devono essere iscritti pure alla Federvolley”.

La Federazione Sport Sordi Italia, riconosciuta dal Comitato Italiano Paralimpico, conta al momento circa 1.200 tesserati.

“Per dare ulteriore impulso a tutti gli organismi sportivi del Comitato, coronando nello stesso tempo i nostri sogni, cercheremo di qualificarci, rispettivamente, per la Paralimpiade di Tokyo 2020 e per i Deaflympics 2021 di Los Angeles o Dubai”, hanno affermato Cretti e Campedelli, chiudendo il terzo e ultimo appuntamento del ciclo “In che ruolo giochi? Lo sport in una prospettiva di genere”.

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