Mondo Doro

Domenica 24 marzo Dorothea Wierer ha vinto la Coppa del Mondo di biathlon, scrivendo il suo nome nella storia. Prima di lei, nessun atleta italiano era riuscito in questa straordinaria impresa]

[“Il biathlon è uno sport individuale ma è fondamentale, in squadra, sentirci a nostro agio tra di noi”

È veramente d’oro questo finale di stagione sciistica per Dorothea Wierer: solo sette giorni dopo il trionfo ai Campionati Mondiali di biathlon nella Mass Start la campionessa altoatesina, fiemmese d'adozione, ha concesso il bis, domenica 24 marzo, ottenendo ad Oslo il piazzamento necessario per portarsi a casa anche la Coppa del Mondo. Un successo storico, mai raggiunto prima da nessun atleta italiano in una disciplina tanto faticosa e impegnativa quanto capace di entusiasmare il pubblico e i tifosi azzurri.

Dorothea, che soddisfazione si prova a vincere una Coppa del Mondo?

Non ho ancora realizzato bene quello che sono riuscita a fare, tra le tante interviste e le mille richieste da domenica non mi sono ancora fermata un attimo. Solo ora che sono arrivata a casa mi sto rendendo conto del risultato e sono molto orgogliosa e contenta, soprattutto per la nostra squadra perché siamo in pochissimi atleti in tutta Italia a praticare il biathlon quindi significa che abbiamo lavorato bene. E che il feeling all’interno della squadra è ottimo.

Cosa c’è dietro ad un successo come questo?

Anni e anni di allenamenti e tanti sacrifici. Facciamo circa 800 ore di attività fisica all’anno e altre 100 ore di allenamento per la parte del tiro, praticamente siamo sempre via di casa e abbiamo tantissimi raduni anche d’estate. Poi abbiamo un grandissimo staff che lavora per noi, dai tecnici alla Federazione fino al gruppo sportivo: questo successo è il frutto del lavoro di tutta la squadra.

Vincere la Coppa del Mondo non è stato facile visto il livello delle avversarie ma il tuo dominio raramente è stato in discussione. Come hai vissuto l’andamento della stagione?

Sono partita subito bene ma indossare sin dall’inizio il pettorale giallo un po’ di pressione la mette addosso: tutti ti guardano e si aspettano la vittoria anche se non è per niente facile dato che il livello è altissimo e ci sono tante atlete da podio. A gennaio ho avuto un piccolo calo che mi ha tolto un po’ di sicurezze ma la medaglia ai Mondiali nella staffetta mista e poi l’oro nella Mass Start mi hanno ridato la giusta carica e tantissima energia.

E così siamo arrivati allo scorso weekend…

L’ultimo di Coppa del Mondo, è stato veramente difficile, sia Lisa Vittozzi sia la slovacca Kuzmina erano davvero temibili. Nelle ultime settimane ho dormito pochissimo, dallo stress e dalla pressione ho perso dieci anni di vita ma ne è valsa la pena e sono davvero felicissima di aver raggiunto questo obiettivo.

Bello che a giocarsi il titolo con te sia stata la tua compagna di nazionale, Lisa Vittozzi. Come avete vissuto questa sfida?

Eravamo tutti un po’ sotto pressione, non solo noi atlete ma l’intero staff della nazionale, perché non era per niente scontato il fatto di portare in Italia questa coppa. Con Lisa non abbiamo mai parlato di biathlon, di gare o di pettorale giallo ma abbiamo cercato di comportarci normalmente e parlare il più possibile di tutt’altro.

Anche un anno fa alle Olimpiadi qualche medaglia era arrivata, ma oggi è evidente la tua crescita e quella dei tuoi compagni di nazionale, da Vittozzi a Windisch: il biathlon italiano è sulla strada giusta?

Sì, come dicevo siamo pochissimi atleti e non abbiamo i numeri che hanno gli altri paesi, ma tra di noi abbiamo un ottimo feeling e credo sia questo a fare la differenza. È uno sport individuale ma quando siamo in giro è fondamentale sentirci a nostro agio tra di noi. Dal punto di vista dei risultati poi qualcosa era già arrivato negli anni scorsi, ma mai come quest’anno. È una crescita che ci rende consapevoli di poter fare ancora tante cose.

Pensi che il tuo successo possa spingere i giovani ad avvicinarsi a questa disciplina?

Sicuramente negli ultimi anni il numero di ragazzi che praticano il biathlon è molto aumentato, stanno cominciando tanti bambini ed è un bene perché questo è uno sport che bisogna iniziare a fare fin da piccoli. Inoltre ultimamente si sono avvicinati al biathlon anche tanti tifosi, ed è una cosa che mi fa molto piacere perché il nostro è uno sport davvero bello e avvincente, fino all’ultimo poligono può ancora succedere di tutto ed è questo l’aspetto più affascinante secondo me.

Domanda più personale: come ti sei avvicinata al biathlon?

Ho cominciato per gioco quando avevo dieci anni, anche grazie al fatto che lo praticavano i miei fratelli e la mia famiglia è sempre stata molto sportiva. Forse anche per questo ho frequentato la scuola sportiva a Malles e quando sono arrivate le prime soddisfazioni e le prime medaglie ai Mondiali juniores mi hanno dato la spinta per andare avanti fino ad arrivare ad oggi.

Guardando al futuro invece quali sono i tuoi prossimi impegni ed obiettivi?

Sicuramente i Mondiali del prossimo anno che si disputano a casa mia ad Anterselva, non sarà semplice perché tutti gli occhi saranno puntati su di noi. Poi dopo quello si vedrà. Nel futuro più immediato invece fino a metà aprile ho l’agenda piena di appuntamenti, poi finalmente andrò un po’ in vacanza ma già ai primi di maggio si ricomincia con gli allenamenti quindi c’è veramente pochissimo tempo per rilassarsi.

vitaTrentina

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