Ticchiolatura, questa (s)conosciuta

È la malattia da funghi più importante in frutticolura. Per questo il fungo che la causa è stato ed è ancora oggetto di studio in laboratorio e in campo

Venturia inaequalis è il nome latino del fungo che provoca la ticchiolatura. Esso appartiene all’ordine degli Ascomiceti. Le ascospore unicellulari, ma divise a tre quarti da un setto (inaequalis) sono contenute in aschi (ife ingrossate) a loro volta inclusi in corpi fruttiferi chiamati pseudoteci.

Il fungo sverna nelle foglie infette e dà origine ad una infezione ( primaria) quando le spore mature escono dalle foglie bagnate da una pioggia sufficientemente abbondante accompagnata da favorevoli condizioni microclimatiche. Sono portate dall’aria e dagli schizzi di pioggia sulle foglie bagnate e germinano facendo penetrare al di sotto della cuticola e dell’epidermide una prima ifa destinata a dare origine ad un intreccio di cellule allungate all’interno del mesofillo. Da questo intreccio di ife nasceranno i conidi , cellule diffusive del fungo responsabili di una nuova infezione (secondaria).

Superare questa barriera di nomi e definizioni era necessario per fare la prima conoscenza del fungo e della malattia conosciuta e studiata da più di un secolo.

La stagione della ticchiolatura inizia da quando le gemme del melo fanno intravvedere i primi abbozzi di tessuto verde (stadio di rottura delle gemme).

A dedicare l’articolo alla ticchiolatura ci ha indotto l’incontro con Paolo Tait, perito agrario, diplomato all’Istituto agrario di S. Michele all’Adige. Dai primi anni ’80 svolge attività di consulente frutticolo per conto dell’Ente di sviluppo per l’agricoltura trentina (ESAT) fino al 2000 e poi dell’Istituto agrario di S. Michele, oggi Fondazione mach.

Ha quindi maturato una solida esperienza pratica di difesa preventiva e curativa della ticchiolatura. Ricorda le annate di forte infezione come il 2013 quando un volo numericamente ingente di ascospore concentrato in un solo giorno ha preso in contropiede i tecnici di territorio. Paolo sa che la gravità di un’ infezione primaria dipende dalla consistenza degli attacchi dell’autunno precedente. Sa anche che la maturazione delle ascospore è scalare e che la liberazione può avvenire in momenti diversi, dalla ripresa vegetativa a dopo la fioritura.

Non ha dubbi sul fatto che una pioggia intensa e concentrata nel tempo sia il fattore scatenante della liberazione delle ascospore. Trent’anni fa utilizzava i primi apparecchi captaspore posti all’interno di rudimentali strutture coperte collocate sopra un ammasso di foglie colpite dal fungo.

Nel corso degli anni ha maturato un’idea che vorrebbe validare in prove sperimentali di pieno campo. Sostituire alla pioggia l’ irrigazione artificiale sottochioma o sovrachioma.

Importante è indurre una liberazione anticipata di ascospore per ridurre il potenziale di inoculo. Giocando sui tempi: intervento irriguo a metà mattina o a mezzogiorno. In un paio di ore se c’è sole, la vegetazione si asciuga e le ascospore non riescono a germinare.

Chiediamo: Ma se invece la giornata è piovosa o sono previste piogge in tempi ravvicinati?

Siamo sicuri che l’acqua distribuita con l’irrigazione abbia lo stesso effetto di una pioggia naturale?

I risultati che Paolo ha ottenuto in spazi ridotti sono stati positivi, ma dovrebbero essere convalidati in pieno campo.

Giustamente, riteniamo, il responsabile del Centro per il trasferimento tecnologico della Fondazione Mach, consulenza e sperimentazione di campo, chiede conferme a livello internazionale e scientifico prima di investire risorse in una serie di prove sperimentali e di pieno campo.

Un riscontro negativo alla proposta di Paolo Tait viene da Mauro Varner, per vent’anni dipendente ESAT prima di assumere la responsabilità del servizio di consulenza agronomica del Gruppo Mezzacorona.

Pollice verso anche dal volume “Natura e agricoltura” di cui è autore insieme a Luisa Mattedi.

Il libro pubblicato nel maggio del 2000 è ancora attualissimo. Contiene infatti una monografia completa e dettagliata sulla ticchiolatura basata su una ricca bibliografia scientifica, ma soprattutto su anni di esperienze dirette degli autori.

Dai rapporti di conoscenza con tecnici e ricercatori di tutto il mondo è nato qualche anno fa un gruppo internazionale di esperti che ogni anno si riunisce per confrontare nuove conoscenze ed esperienze riguardanti la ticchiolatura.

Mauro Varner e Luisa Mattedi fanno parte di questo gruppo informale, ma autorevole, a livello personale.

Riferendosi all’idea di Paolo Tait Mauro Varner dice di averla sentita proporre dieci anni fa in un convegno che si è svolto a Stoccarda. E’ stata però messa da parte. Non se ne è mai parlato in occasione degli incontri annuali sulla ticchiolatura. L’ultimo si è svolto in Francia e ha riguardato non solo la ticchiolatura, ma anche altre malattie da funghi epifiti (esterni al frutto) quali la patina bianca.

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