Porto aperto

Tel Abbas (Libano) – Trento, 27-28 marzo – “Bravi, complimenti, è davvero meraviglioso quello che fate”. Le parole arrivano inattese e ci colpiscono piacevolmente, dopo le tante ore di viaggio da Tel Abbas, nel nord del Libano, a Beirut, stipati in un service (taxi) scassatissimo e poi in aereo a Fiumicino. E' davvero una bella sorpresa l'apprezzamento genuino espresso dall'addetto dell'Alitalia, mentre ritiriamo la carta di imbarco e ci apprestiamo a salire sul volo che da Fiumicino ci porterà a Verona, da dove con poco più di un'ora di macchina porteremo a destinazione la famiglia siriana che siamo andati a prendere in Libano. L'addetto all'imbarco ha visto il talloncino che portiamo al collo, “Corridoi umanitari”, e di slancio manifesta così la sua vicinanza all'iniziativa che garantisce un viaggio e un approdo sicuro e legale a chi vuole solo scappare dalla guerra. Anche Abu Arun capisce. E sorride.

Ben diverso era il clima una decina di ore prima, all'aeroporto internazionale Rafic Hariri di Beirut, quando la famiglia Mbarak salutava per l'ultima volta parenti e amici che li avevano accompagnati solo per prolungare di qualche ora l'amarezza del distacco. E strazianti erano stati i saluti a Tel Abbas, nel pomeriggio di mercoledì 27 marzo, dopo un ultimo pasto consumato seduti vicini a casa del fratello di Abu Arun e della sorella di sua moglie, che sono marito e moglie: è un doppio legame che se possibile rende ancora più penoso lasciarsi. Poche frasi smozzicate tra le lacrime, la testa appoggiata sulla spalla dell'amica, il silenzio che comunica più di inutili parole. Poi il tempo dei saluti era finito. Era il momento di caricare le valige nelle quali nella notte era stato stipato il bagaglio di una vita. Cosa portare? Cosa lasciare per sempre? La domanda è lacerante.

Per fortuna c'è Mattia Civico, referente trentino dei corridoi umanitari che è stato qui più volte in passato, e c'è Eleonora, l'operatrice del Centro Astalli Trento, il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati che in questo tempo in cui le porte dell’Europa sembrano chiudersi a chi chiede protezione da guerre e persecuzioni è testimonianza e stimolo. Sono qui per condividere la fatica del distacco e del lungo viaggio verso l'Italia, reso possibile anche grazie alla collaborazione della Provincia Autonoma di Trento, ma soprattutto per dire: “Ci siamo, non siete soli”.

E' la prima volta che chi accoglie – il Centro Astalli in una struttura nel Perginese gestita dalla cooperativa Kaleidoscopio – arriva fin qui per accompagnare nel viaggio i profughi siriani, e il gesto è colto nel suo valore dalla famiglia Mbarak. “Si deve partire, ma prima si salutano uno per uno i volontari dell’Operazione Colomba, Corpo civile di pace dell’associazione Papa Giovanni XXIII, che condivide la vita dei profughi siriani in Libano vivendo negli stessi campi informali, assistendoli negli spesso complicati rapporti con le autorità libanesi: ne è una prova l'estenuante trafila dei controlli all'aeroporto di Beirut prima dell'imbarco per l'Italia; nonostante la cura e la professionalità dei volontari della Comunità di Sant'Egidio e la presenza del Console italiano a Beirut, la verifica dei documenti è minuziosa e qualcuno è costretto a fare avanti e indietro dagli sportelli più volte, prima dell'agognato timbro che garantisce la possibilità di imbarcarsi. Ci pensano Alessandro di Operazione Colomba, che rientra temporaneamente in Italia dopo tre mesi in Libano e viaggia con noi fino a Roma, e Maria Quinto di Sant'Egidio a stemperare la tensione con le parole giuste e qualche sorriso.

Alle 4.30 di giovedì 28 marzo l'Airbus 320 rulla sulla pista, si solleva e si allontana da quella terra libanese che è stata ospite, ma si era rivelata ostile, costando sofferenze, privazioni, umiliazioni. Ma ora è il momento di guardare in avanti. L'entusiasmo dei più piccoli contagia, sia pure moderatamente, gli adulti. Pensieri affollano la mente. Sono tante le incognite. “Sappiamo da dove venite, sappiamo cosa avete vissuto in questi anni”, riassume Mattia Civico salutando in serata la famiglia Mbarak in quella che nei prossimi mesi sarà la loro nuova casa. “Oggi inizia per voi una nuova vita di serenità, di pace”. Il sindaco di Pergine Valsugana, Roberto Oss Emer, porta il benvenuto dell'amministrazione comunale e della comunità, mentre il presidente del Centro Astalli, Stefano Canestrini, sottolinea l'importanza che chi ora accoglie sia andato fino in Libano per vedere, conoscere e accompagnare. Michele Odorizzi, presidente di Kaleidoscopio, sottolinea il calore che la presenza della nuova famiglia porta a una struttura che vuole essere a disposizione di comunità accoglienti.

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