Una politica senza direzione

La variegata area della sinistra è preda della sindrome della frammentazione. Forza Italia è un partito ibernato. La Lega è ormai solo il partito di Salvini. Quanto ai Cinquestelle…

Mentre l’orizzonte politico, sia interno che internazionale, si complica in maniera accelerata, le forze che sono presenti sulla scena del nostro paese sembrano sempre più incapaci di trovare una bussola che le aiuti a trovare una direzione di marcia. Il panorama è desolante e non registra eccezioni.

Cominciamo da sinistra e andiamo poi verso destra. Dunque la variegata area della sinistra è preda, al solito, della sindrome della frammentazione pseudo-identitaria. Oltre il PD si conteranno nelle urne europee, Più Europa (a cui ha aderito anche Pizzarotti e i suoi alleati sindaci), La Sinistra, I Verdi: tutte sigle composte da più componenti, nessuna delle quali però accreditata di arrivare al 4% necessario per avere degli eletti. Dunque pura dispersione di voti, giusto per tenere in caldo le varie fazioni in vista di future elezioni italiane che in realtà molti, se non tutti, si aspettano in tempi ravvicinati.

Il PD del resto non è riuscito a dare un segnale di autorevolezza, scegliendo anche nella nuova versione zingarettiana la tradizionale via dell’ammucchiata che cerca di strizzare l’occhio di qui e di là mettendo insieme liste che sono più governate da un mix fra logica del cast teatrale (personaggi più o meno in cerca d’autore) e resa ad accontentare un po’ di equilibri interni. Come una simile compagine possa rilanciare l’immagine di un partito, ora devastato anche dallo scandalo dell’Umbria che sta gestendo male, è poco comprensibile.

Passiamo ai Cinque Stelle, che secondo alcuni sono in una nuova fase in cui cercano di accreditarsi come una formazione di centro-sinistra. A prescindere dalla difficoltà di capire l’ideologia di un movimento che più che altro vaga per la Rete alla ricerca di slogan accattivanti, le candidature messe in campo con una forzatura dal capo politico Di Maio non disegnano né una presenza di peso, né una strategia di azione futura. Per ora si rimane appesi ad una rinnovata verve polemica anti Lega, che nei calcoli degli strateghi pentastellati dovrebbe bloccare la contrazione di consensi rispetto ai successi nelle elezioni del marzo 2018. Al di là di questo una proposta politica degna di questo nome continua ad essere latitante.

Forza Italia è sostanzialmente un partito ibernato. Berlusconi continua a percepirsi e ad essere percepito come l’unico marchio a cui sono saldamente affezionati i “consumatori” rimasti fedeli, ma è un po’ poco. Nonostante qualche presenza politicamente non disprezzabile (la Carfagna per fare un esempio), nessuno riesce a dare una fisionomia al partito che sembra semplicemente in attesa che Salvini si stacchi dall’alleanza con M5S, anche se continua a favoleggiare di una grande area di centro che aspetterebbe solo di essere rappresentata da lui.

Passando decisamente a destra, ci si imbatte subito nell’enigma di Fratelli d’Italia. Quel partito ondeggia fra il recupero delle identità postfasciste, soprattutto della cosiddetta ala sociale del vecchio MSI (per la verità poco gloriosa se si pensa per esempio ad Alemanno), e la velleità di cavalcare in proprio i rigurgiti populisti che vengono dalle inquietudine delle fasce sociali spiazzate dalla crisi economica. Così non si capisce se puntino a fare in un futuro prossimo un semplice duo con la Lega o a mantenersi liberi per un più ampio schieramento di centro destra.

Quanto alla Lega, essa è ormai solo il partito di Salvini. Certo a guardar bene è un partito bifronte: da un lato c’è il leader che invade ogni spazio comunicativo, che parla e straparla su ogni cosa recitando la parte del super-duro (seguito, malamente, da una serie di cloni interni); dal lato opposto c’è sempre lo stesso leader, ma con il supporto di una classe dirigente di altra caratura (Giorgetti, i governatori delle regioni, ecc.), che si offre come sponda ragionevole per chi vuole puntare su qualcuno in grado di governare con pragmatico realismo il caos in cui versa la struttura pubblica, specie nei suoi rapporti con il mondo economico.

Come si vede, al momento la confusione è grande sotto il cielo e noi non concordiamo col presidente Mao che vedeva in questa condizione motivo di soddisfazione. Ci pare invece che, considerando quel che ci sta intorno (a cominciare dalla crisi libica) e quel che possiamo aspettarci (a cominciare dai conti con la stesura in autunno della legge finanziaria), ci siano più che altro molti motivi di preoccupazione.

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