Il dopo Juncker: la scelta difficile del successore

somm: A Sibiu il 9 maggio i Ventisette leader hanno gettato le basi della partita a scacchi sulle modalità e tempistica della scelta del prossimo presidente della Commissione europea

Chi sarà il prossimo presidente della Commissione europea? Non è ancora arrivato il giorno delle elezioni e già i capi di governo dell’UE hanno cominciato a discuterne. Riuniti nel cuore della Transilvania, a Sibiu il 9 maggio, i Ventisette leader (in assenza di Teresa May) hanno trascorso qualche ora a gettare le basi di una difficile partita a scacchi sulle modalità e tempistica della scelta del successore di Jean-Claude Juncker.

Si dirà, ma come è possibile discutere del futuro candidato, se ancora non è noto il risultato elettorale? In effetti l’Unione europea è uno strano tipo di democrazia: si elegge a suffragio universale un Parlamento di 751 membri, ma per Trattato la scelta del responsabile dell’Esecutivo europeo è quasi esclusivamente nelle mani del Consiglio europeo, dove siedono i capi dei governi nazionali. “Quasi” esclusivamente.

Infatti, a ben leggere il Trattato di Lisbona, il Consiglio europeo “tiene conto” dei risultati elettorali. Di qui i partiti europei avevano escogitato un intelligente meccanismo per individuare il candidato “eletto” alla testa della Commissione: la cosiddetta procedura degli “Spitzenkandidaten”, una delle poche parole tedesche entrate nel gergo comunitario.

In altre parole ogni partito europeo indica il proprio prescelto per quella poltrona e la forza politica che vince la tornata elettorale indica al Consiglio europeo quel nome. E’ così che nel 2014, nelle precedenti elezioni, è stato nominato dal Consiglio l’attuale presidente Juncker, che a capo del Partito popolare europeo aveva vinto. Ma quella procedura, dal sapore più democratico, non era mai stata completamente digerita dai capi di governo, gelosi del proprio potere formale di scelta e nomina. Tanto che, recentemente, il Consiglio europeo ha dichiarato di non sentirsi legato a questo sistema inventato dai partiti.

A Sibiu molti leader, da Macron all’austriaco Kurz, si sono quindi dichiarati contrari all’automatismo di nomina implicito nella procedura dell Spitzenkandidat. Ma gli stessi partiti europei hanno cominciato a litigare su questo punto. Mentre infatti i Popolari hanno indicato nel bavarese Manfred Weber il loro capofila e analogamente hanno fatto i Socialisti con Frans Timmermans, i Liberali si sono ribellati indicando ben sette candidati, di fatto irridendo la procedura del 2014. Le ragioni si ritrovano nella convinzione del liberali di essere decisivi nel prossimo Parlamento per raggiungere la maggioranza necessaria a dare poi la fiducia alla futura Commissione. I sondaggi infatti prevedono che Popolari e Socialisti non riusciranno a raggiungere la maggioranza assoluta, come successo in tutte le altre tornate elettorali, e quindi i liberali vogliono potere entrare nei giochi per la scelta del prossimo Presidente della Commissione.

Insomma, ancora una volta l’Unione europea è alle prese con l’imperfezione di fondo del proprio assetto democratico: da una parte il sistema dello Spitzenkandidat non è formalmente riconosciuto nei trattati, dall’altra i Paesi membri e i loro capi di governo vogliono mantenere il loro potere sostanziale di unici decisori. A soffrirne alla fine è la democrazia dell’Unione che stenta a farsi strada. La lotta democratica va quindi portata avanti da tutti noi e la partecipazione alle elezioni del Parlamento europeo ne è la migliore occasione. .

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