Fermi tutti, aspettiamo l’esito delle elezioni

Lo scontro tra alleati di governo ha fatto molti passi avanti. Salvini si è impegnato molto per esasperare la situazione

Continua l’immobilismo in attesa dell’esito delle elezioni, ma non c’è alcuna certezza che poi le cose cambieranno. Il premier Conte si era detto fiducioso che passata la boa del 26 maggio tutto sarebbe tornato nella normalità, ma è dubbio, visto il crescendo di attacchi reciprochi. Se un politico che non ama le sparate come Giorgetti si spinge sino a dichiarare pubblicamente che Conte non è più un arbitro imparziale, ma tifa per i Cinque Stelle, significa che lo scontro ha fatto molti passi avanti.

Certamente Salvini si è impegnato molto per esasperare la situazione. Non si capisce se si sia comportato così perché crede davvero che sia la modalità migliore per ottenere quella grande affermazione che lo metterebbe davvero al comando, o perché vuole predisporre un alibi nel caso l’esito non fosse così trionfale accusando un “complotto” di tutti contro la sua novità. Forse sta pensando di giocare con entrambe le possibilità. Il prezzo però è stato perdere completamente il senso delle proporzioni, come ha fatto nel comizio di Milano con le sue meschine sceneggiate a sfondo pseudo-religioso. Avrà anche avuto il plauso di un po’ di cattolicesimo integralista (e in più di coloro che la religione la strumentalizzano), ma quelli erano voti già comunque acquisiti, mentre ha messo in questione consensi che gli venivano anche da settori del mondo cattolico, i quali però non possono accettare la riduzione della religione a slogan e sceneggiate.

Adesso però sarà da vedere come i Cinque Stelle sapranno gestirsi in una situazione che anch’essi hanno esasperato per contenere l’erosione di consensi che era annunciata nei sondaggi. Salvini costretto nell’angolo non sarà semplice da tenere a bada e la possibilità per loro di ribaltare il tavolo offrendo al PD un capovolgimento delle alleanze è abbastanza incerta. Non è solo perché Zingaretti, Gentiloni e buona parte del gruppo dirigente hanno escluso una possibilità di convergenza con i pentastellati: quelle potrebbero anche essere frasi obbligate nel momento in cui si deve cercare di sfruttare lo sbandamento del competitore nella speranza di recuperare da quell’area un po’ di voti. Assai più rilevante il fatto che il PD è ancora lontano dall’avere trovato una stabilizzazione degli equilibri interni, sicché risulta difficile pensare che una scelta di entrare in un governo con Di Maio non comporti una scissione nel partito, il che significherebbe semplicemente che non ci sono più i numeri per fare una maggioranza.

La situazione è insomma notevolmente ingarbugliata, soprattutto perché quasi nessuna soluzione è possibile senza rischi. Continuare col governo attuale potrebbe sembrare più facile, tanto ci sarebbe a disposizione la solita scusa del “purtroppo non si può fare diversamente”, ma significa caricarsi del dovere di fare una legge di bilancio in cui non ci sono spazi per avventure populiste. Ad annunciare che tanto si potrà prescindere dai vincoli europei si fa presto quando sono solo parole al vento elettorale (salvo pagarle con impennate dello spread), ma diventerà impossibile quando si capirà che l’economia del paese non è in grado di sopportare questo azzardo e che di conseguenza le classi dirigenti faranno di tutto per evitare il baratro.

Quanto al ricorso ad elezioni anticipate, non si può che ripetere quanto abbiamo già detto più volte: perché avessero un senso bisognerebbe che ci si aspettasse da loro una stabilizzazione della distribuzione dei poteri fra forze politiche responsabili. Obiettivo difficile da perseguire in un clima di contrapposizioni ormai da tifoserie da stadio e con uno sbandamento piuttosto evidente nelle reti della pubblica opinione.

E’ dunque particolarmente arduo in questo momento immaginarsi come si potrebbe uscire da questa situazione. Intanto bisognerà vedere come andranno le elezioni amministrative e regionali (e un po’ anche le due suppletive in Trentino) perché da lì i partiti trarranno le indicazioni per proiettarsi verso eventuali elezioni politiche anticipate. Non che in tempi di alta volatilità dei consensi quelle siano indicazioni indiscutibili, ma certo possono aiutare a tastare gli umori del paese meglio che i voti per il parlamento europeo, sebbene poi ci sia da far la tara sui fattori locali che influenzano le consultazioni amministrative.

Dire: staremo a vedere, è prudente, ma assai poco consolante.

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