Avanti come prima, o peggio?

Le urne hanno dato il responso come era nelle previsioni, anche se non è stato quello che ci si attendeva. Adesso tutti si chiedono se quanto è successo avrà conseguenze sul governo. I due azionisti della maggioranza si sono affannati a dire che non cambia nulla, ma ciascuno lo ha inteso in modo diverso. La sostanza è che al momento continua lo scontro, duro, ma con un tentativo di non rompere perché nessuno dei due sa bene cosa può fare dopo.

Cerchiamo di spiegarci. La Lega ha avuto un grande successo. Indubbiamente per la prima volta a livello nazionale, ma non va dimenticato che il suo impianto forte è al Nord. Questo significa che i suoi elettori vogliono che realizzi punti importanti del suo programma, con in testa l’autonomia differenziata per Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna (anche in quest’ultima regione la Lega è molto cresciuta) e la flat tax.  Su nessuna delle due può contare sul via libera dei Cinque Stelle, perché l’autonomia regionale al Nord e vista malissimo al Sud dove hanno ancora il loro punto di forza e perché la flat tax impegnerebbe importanti risorse economiche che inevitabilmente renderebbero difficili i sostegni finanziari al Mezzogiorno. Di punti d’attrito ce ne sono altri, per esempio il decreto sicurezza bis e la riforma della giustizia, ma lì,volendo, qualche compromesso si potrebbe trovare.

I Cinque Stelle sono in una posizione difficile. La batosta che hanno registrato scuote il loro movimento e mette in discussione la leadership di Di Maio. Se si arrendono alle richieste della Lega forse durano ancora un poco al governo, ma finiscono per perdere la faccia. Se fanno muro e si oppongono fanno saltare la legislatura e questo significa due cose: 1) con le loro regole attuali moltissimi parlamentari (incluso Di Maio) non possono ricandidarsi perché hanno già fatto due mandati; 2) affrontano il rischio concreto di trovarsi con consensi ancor più ridotti.

Se riescono a non essere paralizzati dai loro dissidi interni, la loro strategia sarà probabilmente quella di contrastare la Lega, ma contando sul fatto che neppure a Salvini conviene molto andare subito ad elezioni anticipate. Una ennesima campagna elettorale,per di più in estate è probabile sconcerti la gente e provochi dei voti “indispettiti”: un fenomeno che in tempi di volatilità elettorale non può essere escluso. Invece Salvini non avrebbe difficoltà coi suoi parlamentari perché può dar loro garanzia di ricandidarli tutti, tanto si aspetta che ci sia posto anche per altrettanti nuovi.

Si tenga anche conto che M5S conta sulla maggioranza tanto in parlamento quanto nel governo, sicché per la Lega non è possibile costringerlo a miti pretese se non mettendo sul tavolo la decisionedi mettere fine alla legislatura.

Al momento siamo alle schermaglie. Salvini proclama che pretende il passaggio delle sue leggi bandiera, mentre Di Maio, che al contrario di altri nel suo partito non vuole bruciarsi subito su quel terreno, sposta il conflitto sulla decadenza del sottosegretario Rixi se venisse condannato per una vicenda di spese pazze quando era capogruppo al consiglio regionale della Liguria. La Lega fa sapere che non se ne parla, Di Maio crede di guadagnare consenso rompendo su quel punto perché secondo lui Salvini farebbe la figura del protettore dei corrotti. Visto il risultato elettorale che ha avuto la Lega e considerando il perché l’ha avuto, il capo politico pentastellato si illude che questo possa indebolire il futuro raccolto leghista. Forse può consolidare un poco quello al suo movimento, ma ormai mi sembra tardi per recuperare credibilità (e quel terreno è troppo marginale).

Il fatto è che mentre su questioni come TAV o flat tax si può tirarla per le lunghe (e Conte sembra incline a dare una mano in questo senso), permettendo così un gioco delle due maschere, con la vicenda Rixi ci sarà poco spazio di manovra: il 30 maggio dovrebbe arrivare la sentenza e subito dopo si dovrà trovare una soluzione.

C’è una grande irresponsabilità da parte dei due dioscuri e del loro mediatore nel gestire questa fase delicata in cui già nel Consiglio Europeo si comincia a ragionare sulla distribuzione dei futuri ruoli. L’Italia è già un osservato speciale. Anche se non arriverà subito la procedura d’infrazione nei suoi confronti ci sarà in ogni caso un giudizio che ci danneggia sul mercato del finanziamento del debito. Ci si illude di poter battere i pugni sul tavolo europeo, ma non vorremmo finisse con un giudizio tipo quello che si dice Bismarck avesse espresso sull’Italia al congresso di Berlino del 1878 in cui il nostro paese non ebbe nulla: l’Italia ha un grande appetito, ma una debole dentatura …

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