In cammino, per liberare la speranza

L’iniziativa, come di consueto, a ridosso della Giornata internazionale contro la droga

L’importante era andare, ma a patto di incamminarsi lentamente in gruppo sorretti dalla consapevolezza di poter riappropriarsi del meglio di se stessi. “La strada è vita”, scriveva Jack Kerouac. Non resta che prenderne atto e bersi questa realtà tale e quale. La strada è un modello possibile di vita con le sue disfatte e i suoi continui e talvolta inspiegabili cambi di rotta, strada che per lo scrittore pioniere della beat generation rappresenta un mezzo. Ne hanno fatto esperienza diretta sabato e domenica scorsi una ventina di ospiti di Casa di Giano e di Casa Lamar, strutture residenziali che fanno capo al Centro Trentino di Solidarietà, onlus storicamente impegnata nel campo della tossicodipendenza.

La prima struttura è sorta per occuparsi di persone risucchiate nella spirale della dipendenza patologica, in particolare da sostanze psicoattive, l’altra per assicurare assistenza ai sieropositivi in un contesto di vita accogliente, organizzato e sicuro dove abbiano modo di germogliare opportunità di crescita umana. Nel percorso di questi persone che vogliono riprendere in mano il timone della loro travagliata esistenza si inserisce la “camminata di speranza”, quest’anno caduta a ridosso del 26 giugno, Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droghe.

Voleva essere un momento di condivisione di esperienze personali impastate di fatica e sofferenza, addolcite da uno sguardo verso un futuro più luminoso. A tre operatori e a una decina di giovani volontari è spettato il non facile compito di organizzare e gestire la camminata, per conferire pienezza al tutto. “Camminare aiuta a liberarsi dalle sostanze, ma bisogna crederci”, spiega l’operatore Andres, al suo quarto anno di gestione di laboratori terapeutici occupazionali propizi allo sviluppo dell’ampia sfera del fare e dell’essere. E difatti “Liberare la speranza” è stato il motto, o per meglio dire il programma, preso in prestito per la scarpinata di una quarantina di chilometri da Lamar di Gardolo a Santa Massenza, affrontata a tratti lungo il sentiero di San Vili, perfetta espressione della simbiosi tra corpo, mente e anima.

“Camminando insieme non si sente quel vuoto interiore che può portare alla dipendenza; servono occasioni di vita alternative con cui condividere gioia e fatica”, spiega Antonio Simula, colonna organizzativa del Centro trentino di solidarietà, appena adagiato a terra lo zaino ai piedi di una fontana zampillante in quel di Baselga del Bondone, dove i viandanti hanno trascorso l’afosa notte che li separava da Casa di Giano, puntualmente raggiunta per l’ora di pranzo prima di congedarsi. “Speranza concreta – aggiunge Simula – che però deve essere vissuta in comunione con altre persone”.

Se poi le strade per imporsi azioni detox energiche e rigorose non coincidono, poco importa. Ognuno a modo suo, motivato attingendo a quella forza interiore che consente di reagire agli inciampi della vita. Perché se c’è speranza occorre tirarla fuori in tutta la sua forza e riscoprire il senso autentico dell’essere. “Questi ragazzi hanno dentro di loro un deposito di oro puro”, avverte con discrezione Simula. Fuor di metafora, quando la propensione al cambiamento affiora alla luce del giorno risplende in tutta la sua immane e florida bellezza. Ma perché ciò accada non bastano un robusto paio di scarpe e una mappa geografica. Perché non si troverà granché senza portare se stessi. La strada potrebbe rivelarsi ostica e tortuosa più del previsto, magari senza fine. “Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede e avevamo molta strada da fare – scriveva Kerouac -. Ma non importava, la strada è la vita”.

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