Lorenzi, l’assessore che credeva nella cultura

Per tanti trentini è stato sempre “l’assessore Lorenzi”, anche quando nel 1983 aveva lasciato la carica avviata nel 1968. Guido Lorenzi è uscito di scena all’età di 92 anni – lasciando la moglie Teresa, i figli Riccarda e Daniele e le nipoti – ma l’ambiente della promozione culturale trentina gli riconosce ora dei meriti storici indiscutibili.

Chiamato da Bruno Kessler alla guida di un assessorato nuovo, interpretò gli interventi da svolgere in campo culturale come un’esigenza sociale e civile, dimostrando attenzione per le periferie in modo tale da ridurre il divario con il centro. Cori e filodrammatiche, artisti, poeti e scrittori hanno potuto per tanti anni contare su di lui come un interlocutore attento, generoso e soprattutto: sembrava sempre divertito – con quel suo sorriso gentile, nei modi distinti – perché era sinceramente appassionato ad ogni evento, ad ogni persona.

Veniva da una laurea all’Università di Padova in pedagogia ma poi si era dedicato anche alla letteratura, alle arti visuali, alle sperimentazioni, in un eclettismo sorprendente, quasi insaziabile. I musei trentini – dal Museo Tridentino di Scienze Naturali all’etnografico di San Michele al Buonconsiglio – sono stati “trainati” dal suo entusiasmo in anni di continua evoluzione, ma non gli sfuggiva anche la dimensione popolare che lo vedeva protagonista in costume delle Feste Vigiliane, nei concerti in piazza o sui palcoscenici di paese. E poi il grande disegno del Sistema Biliotecario Trentino – un’intuizione all’avanguardia in Italia – che nel 1977 mise in rete tutte le biblioteche comunali. Per non dire dei restauri di importanti castelli, Beseno in primis.

Fra i molteplici interessi anche lo sport – lo ricordano gli orientisti della FISO – e l’editoria trentina: leggeva di tutto e faceva parte da tanti anni ndl direttivo della fedele “Strenna Trentina”.

Lorenzi ha percorso i sentieri “degli affetti, della rettitudine e della creatività” come ha detto don Marcello Farina al funerale in Sant’Antonio, dove anche i colleghi della politica hanno ricordato la sua ispirazione cristiana. E’ stato anche partecipe del cammino della Chiesa locale in momenti particolari come il Sinodo, lo sviluppo del Museo diocesano e poi le “Cause” della Beata Paolina Visintainer e altri protagonisti del cattolicesimo trentino. Sono in molti a ricordarlo quando accolse al Castello del Buonconsiglio e accompagnò poi a Castel Toblino il card. Bernardin, figlio di emigrati primierotti, in cui vedeva un esempio fra i migliori della cultura trentina “prestata” al mondo.

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