Porti-chiusi, politica perdente

“La politica dei porti-chiusi. Questioni di legittimità e responsabilità nazionale e internazionale” è il tema del confronto tra studiosi ed esperti di diritto internazionale, penale, amministrativo, costituzionale che si è svolto lunedì 16 luglio a Milano, all’Università Cattolica, per iniziativa della facoltà di Giurisprudenza e dell’Istituto di Studi internazionali dell’ateneo.

Molte le questioni toccate, tutte di grandissima attualità: l’individuazione del porto di sbarco, l’estensione della giurisdizione statale al di là delle acque territoriali, la responsabilità per ordini illegittimi e per complicità nella commissione di crimini e i profili di illegittimità del decreto sicurezza (d.l. 53/2019), le misure in base a esso adottate e il tipo di azioni da proporre davanti ai giudici interni, la criminalizzazione della solidarietà.

E' toccato alla prof. Francesca De Vittor, docente di Diritto internazionale, introdurre i lavori. “L'ostacolo che si pone ai soccorsi in mare pone problemi dal punto di vista del diritto internazionale”, ha detto.

“Non si tratta di sbarchi fantasma ma spesso sono attività richieste dagli Stati alle Ong: questo potrebbe essere un criterio per distinguere Ong e trafficanti, anche in base all’articolo 10-ter del Testo Unico sull’immigrazione, richiamato dal Gip Agrigento”, ha precisato Francesca Cancellaro, avvocato difensore dell'Ong Open Arms.

A farle eco, l’avvocato di Sea Watch e Mediterranea, Lucia Gennari: “Si tratta di operazioni di soccorso in mare e non come viene spesso detto di attività di trasporto irregolare di migranti, in violazione delle leggi sull’immigrazione italiana. E questo deve essere assolutamente ristabilito dal punto di vista della comunicazione per capire dove sta l’illegittimità dei governi europei”.

Cesare Pitea, docente dell’Università di Milano, ha segnalato invece come manchi “un organo centralizzato di Diritto internazionale in grado di fornire una decisione univoca”: “Non bisogna dimenticare che quando si valuta il contenuto degli obblighi internazionali, le posizioni degli Stati non sono quelle dei governi, ma soprattutto quelle dei giudici, che determinano l’aderenza della prassi alla norma internazionale”. Critico nei confronti del decreto sicurezza-bis Paolo Bonetti, dell’Università di Milano-Bicocca: “In questo decreto ministeriale le norme sull’immigrazione citate dicono esattamente il contrario di quello che sostiene il Testo Unico sull’immigrazione: soccorrere, accogliere, identificare tutti gli stranieri in mare”. Secondo Mario Savino, docente di Diritto amministrativo all’Università della Tuscia e direttore dell’Accademia Diritto e Migrazioni, “si potrebbe vietare l’ingresso solo dimostrando la probabile violazione di una norma primaria”. Ma “le navi delle Ong non violano norme interne quando effettuano soccorso in mare in base alla prevalenza del diritto internazionale su quello interno”.

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