Si esce dal Filmfestival con un sacco di domande

La rassegna trentina, in continua crescita, va sostenuta anche perché aiuta a interrogarsi sulla montagna oggi

Lo spunto

Anche quest’anno il Filmfestival della Montagna si è chiuso con un successo di partecipazione da parte del pubblico. Al di là dei numeri (un “più 7 per cento” nei biglietti acquistati dagli spettatori) oltre la visibilità ottenuta su giornali, riviste, tv, siti e social media, fra i tanti messaggi che mi hanno raggiunto, uno in particolare mi ha colpito, e sono le parole di una signora trentina che per caso mi ha riconosciuta nella sala d’attesa di un ospedale dove avevo accompagnato una parente. “Lei è la direttrice del Filmfestival vero?” mi ha chiesto. “Sì – le ho risposto – sono Luana Bisesti”.“Bene, volevo dirle che ho seguito i film, e che mi sono interessati e piaciuti, anche perché sono uscita dalle sale di proiezione con un sacco di domande”. Domande sul mondo, sulla natura, sulla montagna, su come viviamo e dovremmo vivere … Ecco, queste parole mi sembrano il più bel complimento per il Filmfestival, una rassegna che interroga, non fornisce verità, ma stimola a pensare e a vivere”.

Luana Bisesti

Direttrice Trento Filmfestival

E’ simpatico, ed anche importante, per capire lo spirito del Filmfestival, rassegna cinematografica (e non solo) di una montagna così cambiata negli anni delle sue edizioni (che saranno 68 nel 2020), condividere il breve incontro che Luana Bisesti ha avuto con una spettatrice in un luogo lontanissimo dalla montagna e dalle sue emozioni.

E’ importante perché le parole della signora (“sono uscita con un sacco di domande”) danno il senso più appropriato di ciò che il festival è e delle ragioni di un successo capace di rinnovarsi e di accomunare più generazioni, dagli anziani ai giovani. Il successo sta soprattutto nella “squadra” del Filmfestival e nell’armonia collaborativa che la direttrice Luana Bisesti è riuscita a instaurare, con il suo “braccio destro” e tessitrice di rapporti internazionali Rosanna Stedile, con le altre giovani collaboratrici, per non dire di Sergio Fant, instancabile scopritore di “primizie” cinematografiche, ormai apprezzato (e conteso) dai maggiori festival internazionali, tanto da essere approdato al Festival di Berlino.

Ma l’altra ragione del successo sta nel fatto che il Filmfestival non è uno spettacolo competitivo e nemmeno un “evento” (come un concerto in quota), ma una proposta di momenti e suggestioni di vita, di sfide e alternative, di destini, vittorie e tragedie. Pone quindi interrogativi più che offrire soluzioni e li pone attorno alla montagna, che non è solo l’ambiente dove il massimo della libertà della natura e il massimo della volontà dell’uomo si incontrano, ma è il luogo dove spazio e tempo assumono una loro dimensione tutta particolare: su una parete verticale o in un maso il tempo è diverso da quello del campo base o del paese vicino.

Ecco perché le parole della spettatrice sono risultate così puntuali, ecco perché il “porsi domande” dovrebbe rimanere il tratto distintivo del festival e della montagna. Dovrebbero rendersene più consapevoli anche i Trentini, non tanto chi affolla proiezioni e dibatti, ma i rappresentanti istituzionali. Trento s’è un forse po’ assuefatta a pensare che i suoi festival sono ormai come le ciliegie, uno tira l’altro … il festival della montagna, quello dell’economia, le feste vigiliane, il festival dello sport… ma i festival non servono solo per riempire gli alberghi, ma per farsi consapevoli di un possibile e necessario “altro modo” di vivere il mondo. Ecco perché i giovani cercano il Filmestival, ecco perché un segno del suo successo, al di là dei “numeri”, sta nel moltiplicarsi delle città e associazioni (non solo sezioni del Cai) che programmano incontri e proiezioni contando sulla sua struttura e sul suo materiale (“Trento Filmfestival 365” si chiama l’iniziativa che ha visto ben 230 serate in 123 città nel 2018).

I numeri, peraltro, vanno ricordati non tanto per essere sbandierati, ma per invogliare una più ampia partecipazione di sostegno da parte della città, oltre gli sponsor maggiori (e convinti, alleati più che sponsor) che sono Itas e Cordura. Le presenze al cinema sono state 22.250 nei nove giorni di programmazione (più 7 per cento, nonostante ci siano stati due giorni di proiezioni in meno rispetto all’anno precedente) quasi cinquemila gli spettatori alle serate-evento, 26.895 i visitatori all’editoria di montagna e 6.400 presenze agli appuntamenti letterari e convegni, mentre10.300 sono stati i visitatori delle mostre. Per chi ama seguire i “social” basterà dire che dal 29 aprile al 6 maggio sono state raggiunte più di 200 mila visualizzazioni. Complessivamente, sommando Facebook e Istagram il festival ha ottenuto più di 370 mila “impression” dei contenuti e più di 60 mila visualizzazioni dei video, in particolare i trailer dei film. 187 sono stati i giornalisti e operatori accreditati, 87 di provenienza regionale, 89 italiani e 11 internazionali, fra cui Canada e Corea del Sud. Sono numeri che dicono come il Filmfestival sai una realtà sulla quale investire di più, perché confermano che Trento è una capitale internazionale della montagna, non solo del suo marketing turistico.

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