Passata Vaia…

Oltre un terzo dei sentieri Sat erano stati danneggiati dalla tempesta. Dopo nove mesi un centinaio sono stati riaperti

Oltre un terzo dei sentieri danneggiati o non accessibili. Questa la situazione che si è trovata di fronte la Sat all’indomani del passaggio di Vaia, la tempesta che a fine ottobre aveva compromesso 350 percorsi su un totale di 1050 gestiti dall'associazione che conta 27 mila soci e 87 sezioni distribuite sul territorio trentino.

Nove mesi dopo, un centinaio di sentieri sono stati riaperti, ma vi sono zone ancora di fatto irraggiungibili fintanto che non verranno liberate dall'intervento di ditte specializzate. La situazione è in divenire e in continuo aggiornamento, come ci dice Franco Andreoni, presidente della Commissione sentieri della Sat centrale. “È un lavoro lungo e difficile, le previsioni sono relative ma potrebbero volerci due o tre anni per riportare la situazione a prima della tempesta”.

Fin da subito i territori hanno risposto con prontezza. Dal Primiero a Borgo, da Tione alla val di Fassa (dove i sentieri inagibili, inizialmente 25, si sono ridotti a un paio), dalla Rendena al Pinetano, le sezioni locali hanno rappresentato delle preziose “antenne”, innanzitutto, nella valutazione dei danni e, successivamente, intervenendo anche direttamente laddove la manutenzione era alla portata dei volontari. O allertando, in caso contrario Forestale e Protezione civile. “La risposta è stata grossissima, dobbiamo esserne orgogliosi”, precisa Andreoni. “Anche con un certo bagaglio di esperienza, non è facile coordinarsi in una situazione così variegata e con un flusso di informazioni continuo da gestire”.

Nell'immaginario collettivo la tempesta è rappresentata dai milioni di metri cubi di alberi schiantati, ma sono i danni collaterali quelli sui quali prestare grande attenzione. E ogni caso è differente dall'altro. “Un sentiero che torna transitabile va comunque rimesso in ordine e questo richiede un grosso sforzo: dai cartelli al sedime che dopo grossi lavori di manutenzione e movimenti di terra non potrà essere quello di prima”, continua il presidente della Sezione sentieri, sottolineando come in una situazione così “flessibile” sia importantissima la ricerca dell'informazione più corretta e tempestiva possibile, anche grazie alle sinergie con la Provincia e le Apt. E a una cartografia (vedi box) che, costantemente aggiornata, permette di sezionare i tratti di un singolo sentiero, evidenziandone eventuali problematiche che l'utente può facilmente riscontrare nel momento di programmare un'escursione.

Un richiamo a una maggiore attenzione è doveroso; non incamminarsi su un sentiero che figura chiuso, in zone dove gli schianti sono diffusi o dove sono in corso i lavori di recupero del legname, evitare di forzare la situazione scavalcando gli ostacoli con il rischio di perdersi o allungare nettamente i tempi di percorrenza, sono alcuni dei consigli da tenere bene a mente dato che sottovalutare i rischi risulta ancora più pericoloso in una situazione in continuo mutamento. “Il nostro è un messaggio serio, oggettivo. Dobbiamo essere fermi sulla sicurezza e non ci stancheremo mai di ripeterlo anche correndo il rischio di essere noiosi. Perché c'è ancora troppa gente che cammina sui sentieri con le scarpe da tennis o gli infradito. O che sottovaluta lo sforzo, scegliendo un'escursione non adatta alle proprie capacità”, fa notare Andreoni che ribadisce come con poche, semplici attenzioni tanti piccoli incidenti potrebbero essere evitati. “Spero che la disavventura di Vaia, nella sua tragicità, possa innescare anche una rivoluzione culturale, una maggiore affezione al mondo della montagna, della natura e dell’ambiente in generale: : il miglior manutentore di un sentiero è l’utente, chi lo percorre correttamente osservando e godendolo, miglior modo per fruirlo”.

Quel che è certo, è che la tempesta di fine ottobre ha messo in relazione realtà e competenze differenti, promosso nuove collaborazioni. Questo, soprattutto nelle zone a maggiore vocazione turistica, ha permesso di accelerare i tempi della sistemazione dei tracciati, garantendo l'accesso a rifugi, malghe e attività produttive. “La bassa e media quota, che è stata quella più danneggiata, è anche quella dove c'è più 'traffico'”, specifica Franco Andreoni. “Il messaggio che abbiamo sempre voluto dare come Sat, è che una rete di sentieri ben manutentata facilita gli spostamenti e di conseguenza porta un indotto non indifferente: qualcuno che prima di Vaia faticava ad ammetterlo, ora dovrà tenerne conto”.

In estate un percorso chiuso crea problemi e disagi, talvolta può arrecare anche un danno di immagine. La manutenzione costante, al di là dell'emergenza, è perciò un'attività essenziale, ma che spesso si tende a dimenticare. Usando le parole di Andreoni, Vaia è stato “una bella botta”, ma se la risposta è stata così pronta ed efficiente lo si deve certamente a una macchina organizzativa rodata e al constante impegno dei volontari che tutti gli anni donano alle loro comunità migliaia di giornate di lavoro. “La manutenzione ordinaria – conclude Andreoni – è fondamentale per preservare un patrimonio unico. C'è ancora poca conoscenza di questo tipo di attività, che diamo troppo spesso per scontata ma non lo è per nulla”.

Un lavoro preziosissimo, uno “zoccolo duro” di volontari che operano in silenzio senza aspettarsi nulla il cambio. Almeno un “grazie”, ogni tanto, dovremmo ricordarci di dirglielo.

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