Quanto amore per il mondo in quei Nobel

Li ha raccolti Daniela Padoan

Ottobre è il mese in cui vengono assegnati i Premi Nobel e un libro molto bello di Daniela Padoan (Per amore del mondo. I discorsi politici dei Premi Nobel per la Letteratura, Bompiani, pp. 587, euro 18) raccoglie i discorsi fatti dai vari personaggi insigniti a partire dal 1901. Non un semplice collage, ma un compendio ben amalgamato in uno stile coerente in cui emergono le preoccupazioni per le sorti dell’umanità in senso lato in cui si capisce chiaramente come ogni angolo del mondo sia oramai un po’ come casa nostra nel segno dell’interdipendenza.

Albert Camus, autore di testi fondamentali tra cui “L’uomo in rivolta”, affermava che “Lo scrittore è al servizio non di quelli che fanno la storia ma di quelli che la subiscono”. E il sociologo tedesco Adorno si domandava “Come si può fare poesia dopo Auschwitz?”.

Dal libro di Daniela Padoan emergono discorsi che privilegiano “un sentimento di responsabilità verso gli uomini” (e le donne, aggiungiamo), un “amore del mondo” che è poi l’essenza più genuina ed autentica della polis greca, l’appartenenza alla comunità nazionale, patria (intesa letteralmente come “terra dei padri”, della propria storia e memoria comuni), europea e cosmopolita mondiale. Scrittori americani come Faulkner e russi come Solzenitsyn sottolineano l’importanza delle letteratura “impegnata” non solo a descrivere le storture delle società ma pure per contribuire a trasformarle. E come è mai possibile questa trasformazione che passa necessariamente dalle coscienze di ciascuno di noi, se non dal prendere consapevolezza delle necessità dell’impegno quotidiano ognuno nel posto in cui si trova a vivere facendo bene quel che si fa?

I protagonisti dei discorsi hanno vissuto il periodo del Novecento tra i due conflitti mondiali, la bomba atomica, la Shoah, i gulag staliniani, l’apartheid, la guerra fredda e le tante tirannidi che hanno costellato la storia del pianeta, e viene spontaneo domandarsi se oggi i giovani che manifestano per un “futuro possibile” non si battano contro quel moderno “tiranno” che è il progresso sganciato dalla responsabilità verso le giovani generazioni. Insomma si tratta di un libro che gli insegnanti dovrebbero adottare nel corso delle lezioni, non solo di storia: di letteratura e di vita. Un libro che rende molto bene il senso dello stare al mondo, questo breve tratto di strada che è dato a ciascuno per dare un senso compiuto, per quanto possibile, alle cose che si fanno.

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