Sardagna da scoprire: vedetta sopra la città di Trento

I prossimi tre mercoledì orari allungati per la funivia di Sardagna
Qui è nato, Rocco, e qui continua a vivere, in questa città sulla piana dirimpetto al monte di Sardagna, del quale con gli anni lui ha anche imparato a riconoscere certe voci. E a scambiarci ogni tanto due chiacchiere. Se si tratta di una limpida giornata, specie al mattino, il monte risplende nel chiaro, col crepuscolo incomincia ad incupirsi appena dopo avere nascosto il sole.

Sardagna si erge sul versante occidentale di Trento come un baluardo amabile e inoffensivo (tranne che per qualcuno con la voglia di buttarsi giù sotto, ma questo non è certamente il caso di Rocco), a partire da un pendio dove si inseguono prati, campi, rupi, case, gelsi e castagni, verso una striscia di bassa boscaglia, da cui si elevano alte pareti di roccia a picco, con contrafforti, di un color marroncino temperato e solcate dalla Cascata della Roggia Grande, sino ad arrivare lassù a quel pianoro scosceso sul quale si intravvedono boschi, con alcune scure conifere, tralicci, tracce di antiche costruzioni, il grande albergo-fortezza e vicina la stazione di servizio della funivia; davanti a tutto, quasi sull’orlo del dirupo dalla parte della cascata, si mostra un grigio campanile romanico.

Il resto occorre immaginarselo o andare su a scoprirlo, come ha fatto Rocco sin da giovane in diverse occasioni, quando ha visto da vicino attaccata a quel campanile la chiesa cimiteriale di San Filippo affrescata e, più in là, la cappella di San Rocco sino ad incontrare nel vecchio borgo di Sardagna le avite case piantate lungo le strade, la piazzetta, la chiesa ‘nuova’ dei Santi Filippo e Giacomo, la fontana, le osterie, i piccoli negozi, nell’incombere sul retro del Monte Bondone.

Quel campanile al limitare delle rocce, snello, allungato, finestrato in due ordini, a Rocco sembra stia sempre lì intento a vigilare, ad aspettare, quasi con la voglia di invitare e di dire qualche cosa, non tanto una sentinella quanto un emblema da rivivere come si vuole, un testimone, cui potersi affidare in santa pace. Come avranno fatto i Padri Conciliari quando passeggiavano lì attorno.

Rocco prova il bisogno di ritornare ogni tanto su a Sardagna, non fosse altro perché le cose non restano sempre quelle che sono, ma si invaghiscono del tempo, facendosi ancora più vere (ed antiche). Del resto, conoscere la geografia è praticare la vita.

Sta lì di fronte, il campanile di Sardagna, e pare voglia proprio raccontare una storia scrutando la città raccolta nella valle sottostante. Forse ne invidia le torri, Torre Verde, Torre Vanga, la Torre di Piazza, la Torre di Augusto, la Torre dell’Aquila (dove uno passa attraverso la grande volta da una strada all’altra e può chiedere di ammirare, nella sala principale all’interno, il famoso Ciclo dei Mesi affrescato dal pittore boemo Venceslao)… e ne invidia i campanili, quello grande e quello piccolo piccolo del Duomo, quello di Santa Maria, di San Pietro, di San Lorenzo, di San Giuseppe…. pietre innalzate ad implorare Dio.

Ma, il campanile di Sardagna, non trascura i palazzi, i monumenti, quello di Cesare Battisti appena lì sotto, sul Dosso (uno dei tre denti che denominano la città), la statua del Nettuno, di Dante, dell’Alfieri, di De Gasperi, per non tralasciare i busti dei grandi personaggi storici disseminati dappertutto… e poi le strade, le piazze, i rioni, le fontane…

Sembra proprio che il campanile voglia dire a Rocco: io vigilo notte e giorno, assisto a fatti lieti e tristi, vedo le cose solite e quelle eccezionali, piango ai funerali, mi rallegro per le feste, a Natale mi arriva una grande stella sulla cuspide; nonostante gli anni godo di buona memoria, ma tu, con il mio aiuto, che cosa vorresti rivedere, capire, della città?

Tornare alla tua casa natale, che guarda da una parte la piazzetta Adamo d’Arogno sul fianco della cattedrale e dall’altra la stretta via San Vigilio? L’Ospedale da anni ha cambiato rione, lo sai, l’Oratorio del Duomo è stato ristrutturato, non ci sono più il Lavatoio Pubblico e la Cucina Popolare, non ti dico del Ricovero per Anziani… E’ tutto un mutamento. A volte mi sembra di rivedere i grandi protagonisti politici del recente passato, Odorizzi, Piccoli, Kessler… i primari, i direttori… Sono cambiati – pur essendo rimasti gli stessi – i palazzi, quelli del piacere e del potere, ma questo conta e non conta… Non dimentico le madri, i padri, i figli, i cittadini… che danno luce e calore dentro a quelle case che intravedi; ne seguo le figure, che di quassù sembrano formiche, non sanno mai che cosa fare, se attraversare la strada, dormire in casa, correre dietro a qualcosa, però sono loro che inventano e costruiscono, incominciano a farlo sin da bambini ed hanno una vera passione per le chiese e i campanili, che dedicano ai santi, il mio è San Filippo. Però io mi accontento anche di stare a guardare una vecchietta che entra in chiesa o un bevitore che esce dall’osteria…

I campanili appartengono alla storia, ma stanno pure ad aspettare il passo dei pellegrini, la preghiera degli umili e le cantilene dei pastori. Un semplice campanile consacrato sul monte può fare acquisire altrettanta fede che la cupola di San Pietro a Roma e la sua campana convincere quasi quanto la predica di un quaresimalista.

Poi, uno può amare di più e altrove, rispetto al luogo in cui è nato: così, si è aperta per te in quella città lontana in pianura la piazza con l’acciottolato ben disposto ad accompagnarti nella casa dalle finestre ridenti, dove la poesia si è fatta voce che chiama a tutte le ore.

Vuoi ritrovare la tua Scuola? Guarda laggiù, il Ginnasio-Liceo “Prati” a fianco della chiesa di Santa Trinità. A Rocco pare di varcare la cancellata di quella sua scuola, di oltrepassare le bianche colonne, superare il portone e ritrovarsi sul grande corridoio, ecco la scalinata che conduce ai piani nobili, facce nuove di studenti durante la ricreazione, anche i professori sono cambiati, non aleggiano più quei nomi, Baldo, Betta, Corsini, Gerola, Gasperi, Daziano… il Preside non è rimasto quello burbero e sapiente di allora; i voti restano, le bocciature si riparano, le verità e le emozioni perdurano. La scuola ricorderà sempre la vita. Specie a chi è rimasto solo come te, Rocco, nella tua casa. Ma, l’uomo, che possiede la ragione, non può che avere anche l’anima: un destino che partendo dalla creazione arriva alla sopravvivenza. E bisogna sempre cercare qualcuno che con una riga scritta, uno stralcio di parole, una buona azione, ci aiuti a mantenere questa convinzione.

Il campaniletto di Sardagna sembra adesso circonfuso da un alone di tristezza; Rocco lo vede intento come a scrutare con le sue orbite-finestre il centro cittadino giù sotto, proprio dritto sulla cattedrale: ecco la facciata col portale romanico sormontato dal magnifico rosone, i due loggiati a timpano, il bel campanile di destra, ma quello di sinistra? non è finito, appare mozzo ad una certa altezza, anche se già predisposto con le lesene, gli speroni e le pietre, tutto pronto per l’incastro con la facciata. Peccato, pare dirsi allora il campanile di Sardagna, vedere laggiù quel mio antico fratello-campanile del Duomo interrotto. Forse un ultimo ripensamento del costruttore Adamo d’Arogno? Problemi economici della fabbrica? Una decisione del Vescovo Vanga? E se potesse parlare, il campanile, probabilmente direbbe che le pietre lavorate delle chiese valgono come le preghiere.

Da Sardagna il campanile soffre nel vedere il fratello cittadino interrotto: anche la cascata mostra questa sofferenza diventando più grossa e più bianca, certo non cattiva; mentre il campanile prosegue nel ruolo di inviare auguri e preghiere.

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