Il discorso di fine del Presidente Mattarella

Il discorso del Presidente della Repubblica per il nuovo anno è stato importante. Chi, come Salvini, ha parlato di parole melliflue non è stato capace di leggere con attenzione. Volutamente Mattarella ha scelto la cifra di un discorso semplice indirizzato alla gente che lo ascoltava (10 milioni di telespettatori) a cui non serviva ammannire elucubrazioni sulla nostra difficile situazione politica. Del resto quelle considerazioni il Presidente le aveva già fatte nel suo discorso alle Alte Cariche dello Stato alla vigilia di Natale.

Il cuore del discorso presidenziale è stato contrapporre il “civismo” profondo che è ancora presente nel paese alla sensazione di sfascio che a volte attanaglia i cittadini. Ora bisogna ricordare che i discorsi valgono tanto per quel che si dice quanto per quel che si tace e dunque è molto significativo che Mattarella non abbia degnato di alcuna considerazione tutti gli allarmismi che si sono profusi a piene mani nell’anno passato, tutte le paure che sono state coltivate. Quando ha parlato di identità italiana profonda era chiaro che contrapponeva quella da lui proposta, lo spirito civile e solidale della nazione capace di rimboccarsi le maniche, alle identità fasulle che propongono coloro che le fanno consistere nei presepi sventolati, nelle invocazioni a vanvera al cuore immacolato di Maria, nella sterile riproposizione di vecchie formule, usate da forze che non vorremmo ricordare, tipo “Dio, patria e famiglia”.

Mattarella ha ricordato che la democrazia prospera dove le istituzioni sanno fare il loro mestiere e rispondere alle domande profonde del paese, ma ha anche sottolineato che è la capacità di tutti di assumersi le proprie responsabilità che dà fiato e sostanza alla democrazia partecipata. Ricordando il contributo del sindaco di Rocca di Papa che durante un incendio rimane al suo posto finché non vede in salvo tutti gli impiegati del comune, quello di tre pompieri di Alessandria che muoiono vittime del loro dovere per essere intervenuti in un incendio provocato ad arte da chi voleva truffare l’assicurazione, il Presidente ha evocato di fronte al paese esempi commoventi e comprensibili di quello che considerava lo spirito profondo che ancora esiste nel nostro paese. Richiamando il ruolo che spetta ai giovani, oggi in posizione così difficile, dal Quirinale arriva un forte monito a tenere presente che la politica deve occuparsi del futuro risolvendo gli annosi problemi che abbiamo davanti, da quello del lavoro, a quello della crescita delle diseguaglianze sociali, a quello infine del divario fra Nord e Sud che va risolto nell’ottica di uno sviluppo che si rifletterà positivamente su entrambe le componenti del paese.

La politica non è che abbia preso proprio a cuore i ragionamenti di Mattarella. Non era ancora finita l’eco del discorso presidenziale, che Di Maio già postava su facebook una rude dichiarazione che voleva suonare come una imposizione delle bandierine pentastellate al tavolo della verifica che si aprirà il prossimo 7 gennaio. Sventolare come scalpi conquistati (per la verità più nella sua immaginazione che nella realtà) la revoca delle concessioni autostradali ai Benetton e la normativa che abolisce la prescrizione dopo il primo grado di giudizio è un’inutile provocazione contro i suoi alleati di governo.

Il capo politico dei Cinque Stelle pensa di rafforzare così la sua posizione in un momento di difficoltà, mentre il suo movimento ribolle e non si sa dove intenda andare. Conta sul fatto che i partner di governo siano tanto terrorizzati dall’ipotesi di elezioni anticipate se cadesse il governo, da non osare resistere al suo bullismo mediatico. Il calcolo è come minimo miope, non solo perché entrambe le bandierine sventolate sono in realtà debolissime sul piano giuridico (la norma sulla prescrizione è palesemente incostituzionale), ma perché non può pensare che il PD possa ancora a lungo incassare tutto senza ribattere.

Di Maio teme le prossime elezioni regionali (non solo quelle di gennaio, ce ne saranno poi altre sei) che se si rivelassero una debacle per M5S come taluni sondaggi lasciano presagire finirebbero per dissestare il suo partito e dunque cerca di riguadagnare posizioni presso l’opinione pubblica esibendo una forza che ha perduto. Deve però tenere conto che anche il PD deve correre a quelle regionali e che se si mostra succube di capricci a Cinque Stelle mette in seria questione la sua ripresa e allarga gli spazi alle iniziative di Renzi.

La politica è una cosa più complicata di quel che pensa il capo politico pentastellato.

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