Nella politica politicante si inserisce il corsaro Renzi

Dare una interpretazione di quel che sta avvenendo nella politica italiana è un affare arduo: quando il gioco finisce nelle mani delle furbizie incrociate della politica politicante tutto diventa un happening dagli esiti incerti. Quel che si può tentare è una ricostruzione di come siamo arrivati a questo punto.

Tutto nasce dall’incrociarsi di debolezze senza che si trovi una leadership capace di metterle in riga. La più evidente è quella dei Cinque Stelle che messi davanti alla insostenibilità delle loro trovate legislative non sono capaci di inventarsi una via d’uscita. Purtroppo hanno trovato sinora chi ha dato loro spago pensando così di sfruttare le loro debolezze a proprio vantaggio, senza accorgersi che con ciò li spingeva ad arroccarsi nei loro mantra pseudo ideologici. E’ successo con la Lega, che li ha stoppati sulla TAV e sul TAP, ma che poi li ha lasciati andare sullo spazzacorrotti che contiene la cervellotica norma sulla prescrizione (anche in cambio di un via libera alla sua legge sulla legittima difesa). E’ successo col PD che nella speranza di annetterli al suo “campo largo” li ha fiancheggiati prima nel taglio dei parlamentari e poi con l’ostinazione a voler trovare sulla prescrizione una via d’uscita che salvasse la faccia al ministro Bonafede.

E’ qui che si è inserito il corsaro Renzi, alla ricerca di uno spazio in cui mostrare il suo peso politico. Così ha avviato una battaglia che aveva buone ragioni di fondo, ma per combattere la quale doveva tagliarsi i ponti alle spalle. Di nuovo si è scontrato non con la forza ma con la debolezza del PD, che ha miscelato l’ostinazione a credere nel recupero a sinistra del grillismo con la sua radicata antipatia verso il suo ex segretario.

Ci si sarebbe potuto aspettare che il premier Conte potesse essere colui che scioglieva l’ingorgo e invece anche qui ci si è dovuti confrontare con una debolezza strutturale. Il presidente del consiglio non è un uomo né di pensiero né di visione politica. E’ un avvocato che tenta di mettere insieme i cocci con le trovate procedurali avendo l’obiettivo di salvare la sua posizione. Per questo le sue presunte “mediazioni” sono in realtà escamotage sul filo del tatticismo formale e spesso non vengono neppure da lui, ma dagli ambienti che lo circondano. Si veda il pastrocchio in cui sono finiti attualmente. Prima inventandosi una riforma della normativa Bonafede che è comunque illogica, confusa e a rischio di incostituzionalità, fatta solo per non mettere in difficoltà il ministro della giustizia. Poi finendo incartati nel momento in cui dovevano renderla operativa: prima proponendo un decreto legge impossibile (mancavano i presupposti di necessità e di urgenza), poi inventandosi un emendamento al milleproroghe che sarebbe stato blindato col voto di fiducia, senza accorgersi che non si trattava di prorogare qualcosa, ma di fare una nuova norma penale, il che non era possibile in quel contesto. Al momento in cui scriviamo non sappiamo cosa faranno uscire dalla follia degli apprendisti stregoni che si occupano della materia.

Sul versante opposto Renzi si è trovato spiazzato perché ha sottovalutato che il nemico chiuso in un angolo reagisce con l’irrazionalità della disperazione. Così si è trovato di fronte alla scelta fra una ritirata dopo tanti (troppi) proclami e l’andare avanti facendo cadere il governo. I suoi avversari scommettono che si tratti solo di un bluff, perché a Italia Viva le elezioni anticipate non convengono, ma il calcolo è arrischiato. Intanto continuano a sostenere che Renzi ha un partito del 4%, ma la cosa è più complicata, perché se si fonde con Calenda e con Più Europa può sfiorare il 10% e questo può anche farlo avvicinare al peso che avrebbe M5S in una futura competizione nazionale. In secondo luogo continuiamo a credere che non è detto che la conseguenza di una crisi di governo sia lo scioglimento della legislatura.

Con la congiuntura economica sfavorevole (vedi i dati Istat sulla produzione industriale) c’è da riflettere sull’opportunità di gettare il paese nel caos di una guerra elettorale, sicché può anche darsi che la soluzione possa essere, almeno per un intervallo, quel governo di tregua che tutto sommato sarebbe necessario per decantare il groviglio di problemi che si sta accumulando. E’ una soluzione difficile viste le debolezze dei partiti e l’assenza di leadership in cui ci troviamo, per cui fare pronostici su come si evolverà la questione è al momento un esercizio suicida

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