Coronavirus, la malattia di suor Barbara: “Ho imparato a gustare la normalità”

Suor Barbara Pandolfi, guarita dal coronavirus

Suor Barbara Pandolfi, francescana missionaria del Sacro Cuore, vive a Drena e lavora alla Residenza Molino di Dro, ha ricevuto l’esito del secondo tampone: negativo! “Il primo tampone mi è stato fatto sul lavoro il 19 marzo e così ho scoperto di essere positiva al COVID-19”, racconta suor Barbara. “Il 24 aprile è finalmente arrivato l’esito del secondo tampone negativo, così rientro tra i ‘guariti’”.

Suor Barbara Pandolfi, francescana missionaria del Sacro Cuore, vive a Drena e lavora alla Residenza Molino di Dro, ha ricevuto l’esito del secondo tampone: negativo! “Il primo tampone mi è stato fatto sul lavoro il 19 marzo e così ho scoperto di essere positiva al COVID-19”, racconta suor Barbara. “Il 24 aprile è finalmente arrivato l’esito del secondo tampone negativo, così rientro tra i ‘guariti’”.

Fortunatamente i suoi sintomi non sono stati gravi: tosse, febbre, cefalea, forte astenia, non percepire gusti e odori e non si è reso necessario un ricovero ospedaliero, ma non per questo l’esperienza dell’isolamento è stata meno forte. “La sensazione di incertezza mi ha avvolto non appena ho scoperto la mia positività al virus. Lasciare i colleghi e gli anziani che accudiamo, in un momento così impegnativo e faticoso, è stato triste”.

Suor Barbara ha trascorso il suo isolamento in una camera con bagno dove, spiega, ha avuto modo di riflettere su “spazio e tempo” due parole che, nello scorrere dei giorni, hanno mutato di molto il loro significato. “Lo ‘stare’ mi ha aiutata ad accogliere la malattia e a vivere il tempo come opportunità per guardare le cose di tutti i giorni in modo diverso, per rivalutare le relazioni. Alcune cose – prosegue – sono state fondamentali: il condividere con chi nella mia stessa situazione; la vicinanza di molte persone come le mie consorelle; il ricordo e la presenza di tanti colleghi che trovavano il tempo per esserci; la preghiera e il silenzio e, non meno importante, la quotidiana telefonata delle infermiere del territorio, sempre gentilissime e attente per monitorare il mio stato di salute”.

Ciò che mi l’accompagnata spiritualmente nei giorni di attesa, racconta, è stata la figura dei discepoli di Emmaus “che smarriti, delusi, incerti e tristi fanno ritorno. Così presi dalla delusione, quasi arresi, faticano ad accorgersi che quella strana presenza accanto a loro è proprio la Luce per il loro buio ma presto scoprono che, anche dentro alla tristezza, c’è un ardere del cuore. Ho vissuto anch’io momenti di fatica e di paura ma ho colto, più che mai, che una presenza di speranza ci cammina sempre accanto; sta a noi riconoscerla, magari anche nel piccolo della quotidianità”. Questo il messaggio che suor Barbara si sente di condividere con chi si trova ancora nella sofferenza e, magari, nella fatica del non poter stare accanto ai propri cari.

“Direi che la mia vita è stata segnata dall’impotenza che ho sperimentato – conclude – un ‘non fare’ che lottava con l’abitudine a una vita normalmente di corsa. Ho imparato così a dare valore, gustare anche quelle cose che in una “normalità” scivolerebbero e che invece impreziosiscono questo unico, meraviglioso dono che è dato a ciascuno di noi: la vita”.

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