Alluvione di Uvira, suor Delia ringrazia per gli aiuti

Un’immagine dell’alluvione a Uvira

Pubblichiamo la lettera inviataci da suor Delia Guadagnini, missionaria saveriana originaria di Predazzo, per ringraziare la comunità trentina in seguito agli aiuti ricevuti dopo la devastante alluvione che nell’aprile scorso aveva colpito la città di Uvira, 450.000 abitanti, nella Repubblica Democratica del Congo, lasciando oltre 100.000 persone senza casa e provocando centinaia di morti.

 

Carissimi amici che avete pensato a noi in questo momento difficile della nostra vita,

veniamo a voi per dirvi GRAZIE per la generosità che ci avete manifestato in questo tempo in cui durante vari giorni del mese di aprile, e precisamente dal 17 al 20, abbiamo vissuto un’alluvione che ha distrutto buona parte della nostra cittadina di Uvira e in particolare i quartieri di Mulongwe (dove abitavamo), Kasenga, Kakombe e Kavimvira.
Ufficialmente ci sono stati una sessantina di morti ma sono molti di più poiché sotterrati sotto montagne di sabbia e non ritrovati, oppure seppelliti il giorno stesso. Non essendoci qui un servizio anagrafico e un ufficio dove denunciare lo smarrimento delle persone, resta difficile arrivare ad un bilancio sicuro. Molte famiglie piangono i loro cari. Tanti sono stati i feriti; più di 7.000 case distrutte; 14.402 famiglie toccate da questa alluvione, per un totale approssimativo di 86.412 persone. 52 scuole hanno subito danni, parecchie chiese tra cui la nostra chiesa Cattedrale e la nostra chiesa parrocchiale di Mulongwe e molti depositi di commercianti.
Noi vivevamo a Mulongwe, in mezzo alla gente, in una casetta semplice con un bel cortile e un giardino.
Abbiamo fatto in tempo a scappare il giorno della prima inondazione e nei giorni seguenti, prima della seconda, abbiamo potuto recuperare i nostri beni personali grazie ai nostri collaboratori che nel fango sono riusciti ad introdursi in casa a rischio della loro vita. Dopo qualche giorno, con sforzi enormi, siamo riuscite, attraverso montagne di fango, sassi e detriti a liberare la casa dai mobili e dal resto che avevamo.
Ora siamo istallate In una casetta al Centro Betania, qui a Uvira nel quartiere Namianda. Qui lavorano le nostre sorelle che si occupano della riabilitazione fisica delle persone colpite da varie patologie e dove abbiamo anche una scuola elementare per bambini sordomuti. E’ stata una fortuna questa casetta che ci ha accolte e dove abbiamo potuto portare le nostre cose. Abbiamo potuto salvare quasi tutto.
La maggioranza delle famiglie colpite da questa catastrofe non è riuscita a salvare niente o quasi niente. Ora vivono in una quarantina di campi rifugiati che sono stati allestiti nelle scuole, in alcune chiese, in luoghi di fortuna, in condizioni assai precarie e con aiuti sporadici sia del Governo, che delle organizzazioni umanitarie che da parte della Caritas e della Diocesi di Uvira. L’alluvione ha distrutto anche il luogo dove veniva captata e depurata l’acqua per poi distribuirla alla cittadina. Ora resta l’acqua del Lago Tanganika, dove tutti vanno, e qualche sorgente che però è un po’ lontana. La mancanza di acqua pulita ci fa temere l’arrivo del colera che già conosciamo bene qui in questa città.
Nei vari centri profughi, alcuni organismi stanno istallando delle grosse cisterne di plastica nelle quali mettono il cloro per purificare l’acqua.
Tutti ci chiediamo: chi ci toglierà tutta la sabbia che è scesa dalla montagna? E le pietre? Chi farà i lavori necessari a monte dei vari fiumi? Ad ogni pioggia tutti tremiamo perché non sappiamo come andrà a finire.
Ora siamo verso l’inizio della stagione secca e speriamo che le nostre autorità pensino a questi grossi lavori da fare e ad aiutare la gente a liberare le loro case, le strade da tutte queste montagne di detriti.
Grazie della vostra generosità che ci aiuta a sostenere alcune famiglie nel bisogno, ad aiutare chi vuole ricostruire, a curare i feriti, a dar da mangiare a chi non ha più niente, a sostenere tanti anziani che vivevano soli e ora non sanno più dove andare. Noi siamo al sicuro qui al centro Betania ma anche noi dovremo pensare come ritornare a casa nostra. Ci preoccupa di più la situazione di tante famiglie che sono nell’impossibilità di pensare al domani poiché hanno perso tutto o quasi.
Vi ringraziamo di cuore e vi ricordiamo al Signore nella preghiera.
Il nostro povero grazie sia per voi un incoraggiamento nella vostra vita segnata in questo momento dal coronavirus e da tutte le conseguenze che questo comporta. Anche qui si temeva che arrivasse e siamo ancora nella fase in cui le scuole sono chiuse, gli spostamenti ridotti, ecc. Ma dopo il 17 aprile, non si parla più qui di Covid-19 poiché il virus, arrivando qui ha trovato scritto “OCCUPATO” e se ne è andato… L’acqua coi suoi disastri ha preso il sopravvento.
Un forte abbraccio caldo africano, con tutta la nostra presenza e preghiera.
Scusate queste poche e povere righe ma Credete al nostro affetto e preghiera e riconoscenza a nome di tutta la nostra gente.

Delia, Genoveffa, Nzigire e Marcelline

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