I dipendenti provinciali scendono in piazza

Sindacati della funzione pubblica del Trentino in piazza mercoledì 1 luglio anche per chiedere alla Provincia di accelerare sul “lavoro agile”. Foto © Gianni Zotta

Dipendenti provinciali in piazza a Trento mercoledì primo luglio mattina davanti al palazzo sede della Provincia Autonoma per protestare contro la nuova organizzazione degli uffici decisa – unilateralmente, rimarcano i sindacati – per la ripartenza dopo la fase più acuta della pandemia Covid-19. Le nuove disposizioni sono in vigore dal 29 giugno. L’orario di lavoro viene ora organizzato su 12 ore, ma senza che ciò sia stato discusso e concertato con i sindacati.

Inaccettabile, dicono Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Fenalt che avevano prima riunito in assemblea, nella Sala della Cooperazione, 400 lavoratori e lavoratrici del settore pubblico (e altrettanti erano collegati in streaming) per ribadire le ragioni della contrarietà al provvedimento della Giunta Fugatti, ritenuto difficilmente praticabile, oltre che penalizzante per chi deve fare i salti mortali per conciliare famiglia e lavoro e, infine, anche di dubbia, reale utilità per i cittadini.

In piazza prendono la parola i segretari Cgil-FP, Luigi Diaspro, e Cisl-FPS, Beppe Pallanch, e la responsabile Uil-Fpl Enti locali Marcella Tomasi per ricordare il ruolo che hanno avuto i pubblici dipendenti durante il durissimo periodo della pandemia Covid-19 e quanto la pubblica amministrazione sia fondamentale ora nella fase della faticosa ripartenza: “pedina fondamentale”, dicono, per sostenere i cittadini e le imprese, per contribuire alla ripresa dello sviluppo del territorio, per continuare a garantire i servizi essenziali, “con i livelli di efficienza ed eccellenza riconosciuti in questi anni”. Lo sottolineano alcuni interventi rivendicando con orgoglio l’appartenenza all’amministrazione, a dispetto di chi svilisce il lavoro pubblico per contrapporlo al lavoro privato: “Una scelta assolutamente demagogica e sbagliata che contrasteremo in tutti i modi”, afferma Luigi Diaspro, sottolineando che i dipendenti pubblici sono consapevoli che in gioco non è solo il tema dell’orario di lavoro – “che pure ha delle conseguenze importanti sui tempi di conciliazione” -, ma il senso e il valore della pubblica amministrazione trentina.

Non ci stanno, i dipendenti pubblici, ad essere additati quale categoria privilegiata alla quale è facile opporre chi si trova in cassa integrazione o rischia il posto di lavoro. “Io sono orgogliosa di essere dipendente della Provincia Autonoma di Trento – esclama Antonella al microfono – e mi dispiace che questo provvedimento vada contro l’intera comunità trentina. Io a casa ho persone fragili che ora dovrò lasciare da sole. Invece poteva essere un’occasione, dopo l’emergenza sanitaria, per ricostruire la comunità, per rilanciare una nuova visione, per avere una nuova struttura sociale. Il pubblico non va contrapposto al privato, noi lavoriamo insieme al privato, abbiamo tenuto aperti i servizi da casa, pagandoci la connessione”.

“Siamo pronti a discutere di riorganizzazione dei servizi, di semplificazione, di tecnologie avanzate, di digitalizzazione”, hanno concluso i segretari, rinnovando l’invito alla Giunta al confronto. Ma mercoledì nessuno nel Palazzo li ha ricevuti. E nei prossimi giorni gli studi legali di Cgil Cisl Uil e Fenalt depositeranno il ricorso contro gli atti e i provvedimenti della Giunta provinciale, sia davanti al giudice del lavoro sia davanti al Tar.

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