Coltivare il seme

Domenica 12 luglio – XV° domenica tempo ordinario anno A
Letture:  Is 55, 10-11; Sal.64; Rm 8, 18-23; Mt 13, 1-23
C’è dentro ciascuno di noi una specie di convinzione per cui tutto quello che esiste, esiste per essere consumato. Quella parte di umanità che vive nel primo mondo, il mondo ricco, non ha nemmeno il sospetto che tutto ciò che è necessario e disponibile per la vita del pianeta possa esaurirsi. Ciò che vale davvero è possedere le risorse economiche, e ogni desiderio, anche ogni capriccio, potrà essere prontamente e legittimamente soddisfatto.
Questo modo di intendere la vita, di organizzare il proprio tempo toglie evidentemente spazio ad altre attività e altri interessi. Succede che anche la Parola di Dio possa non interessare più. Penso a quanto si fatica a proporre e tradurre in pratica alcune attività parrocchiali. La catechesi, ad esempio, esclusivamente funzionale alla tappa dei sacramenti della Eucaristia e della cresima, ma che non si traduce in un’assunzione di mentalità, non introduce a una consapevole scelta di vita e di fede. La partecipazione alla Messa è più un atto che i singoli credenti compiono senza quasi sentirsi parte di una comunità e gioirne. Eppure noi siamo fatti per vivere insieme, non siamo isole. E dunque perché accade questo? La parabola del seminatore, che la liturgia di questa domenica propone, ci può aiutare a comprendere la difficoltà ad accogliere la Parola (che non è solo una caratteristica del nostro tempo, ma esiste da sempre), perché il Vangelo incontri freddezza e perché chi vi aderisce lo possa abbandonare con facilità.
«Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava una parte cadde lungo la strada…» (Mt 13,3-4). Penso che già da queste prime battute, dovremmo stupirci perché anche il Vangelo ci invita a uno spreco, ci dice che va bene sperperare, almeno in qualche caso. Dio non semina la sua parola con parsimonia. Dio spreca a piene mani; getta il seme dovunque, lancia il suo messaggio dappertutto. Non tutto porta frutto. Parte cade sulla strada: è la parola che cade in cuori indifferenti; occupati probabilmente a comperare, consumare, dissipare. E la Parola, può incontrare indifferenza. Ma la fede cresce contestualmente a un sincero amore per sé e per gli altri. Essere persone pensanti, accoglienti e in relazione con gli altri sono atteggiamenti fondamentali perché la Parola di Dio porti frutto. La fede rende sempre bella e gioiosa la vita, dona le motivazioni profonde perché nemmeno un minuto vada sprecato. «Un’altra parte cadde sul terreno sassoso» (Mt 13,5) La Parola incontra difficoltà e ostacoli; è facile fare ciò che fanno tutti, non pensare più di tanto alle esperienze che si vivono, lasciarsi portare dal vento. Ma proprio questa Parola chiede di saper andare anche controcorrente, di saper fare scelte alternative alla mentalità del mondo. C’è chi se ne va dalle nostre chiese silenziosamente, perché non ha affrontato i dubbi e le incertezze di questo cammino, perché non ha coltivato nella quotidianità il seme.
«Una parte cadde sul terreno buono». (Mt 13,8) Questo è il terreno che indica la disponibilità a interrogarsi e a lasciarsi interrogare, a cercare il senso della propria vita. E in questo terreno la Parola porterà molto frutto. E’ una parola che non necessariamente convince tutti, ma a tutti si rivolge. Ed è nella libertà delle scelte personali che si gioca la presenza di un Dio innamorato dei suoi terreni, che spezza le rocce, che sfida e vince l’aridità della strada.

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