L’opera di Romina, nelle Ande, con stile evangelico

Romina Ghezzi, di Bondo nelle Giudicarie, era andata in Perù con l’Operazione Mato Grosso. Doveva trattarsi di un breve soggiorno, un paio di mesi. Sono passati vent’anni ed è ancora là.

Romina è tornata al suo paese per la triste coincidenza della morte di suo papà all’inizio dei giorni della pandemia, si fermerà per un po’ per poi tornare in Perù. Per diversi anni è stata nel sud in un villaggio andino di neppure mille abitanti, a 12 ore di distanza in jeep da Cuzco (quando non piove per giorni e le strade sono percorribili).

Una piccola scuola è stata creata a Totora, un posto dove le ragazze potevano soggiornare senza tornare a casa ogni sera in estenuanti viaggi; altre ragazze imparano la tessitura e il lavoro a maglia. Romina, da parte sua, insieme ad un’amica proveniente dall’Umbria, girava nei piccoli villaggi formati da poche povere casupole, andando a trovare le persone più sole e portando loro cibo e medicinali. “Ci si divide e quando il tragitto è lungo – ci aveva detto -, quando a volte servono cinque, sei ore di cammino, allora andiamo a due a due”. Un modo per sostenersi, farsi compagnia e anche coraggio, mutuando quel formidabile passo del Vangelo quando Gesù manda i suoi discepoli a due a due di villaggio in villaggio.

In quelle lande deserte dove la solitudine è immensa, dove persino lama ed alpaca faticano a trovare qualche ciuffo d’erba, andare a trovare quelle persone e portare loro qualcosa – stare con loro in semplicità – era una gran cosa, perché così si sentivano meno sole, capivano in concreto che c’era qualcuno che si interessava a loro e non erano completamente sole.

Da un anno e mezzo Romina Ghezzi è ora nel nord del Perù, ad Illauro, e se cambiano un po’ le coordinate geografiche, non mutano gli scenari d’umanità povera economicamente. “Un posto vale l’altro – osserva Romina – se hai voglia di ricominciare e se sei cosciente che nessun posto è tuo”.

Vive in una piccola comunità di giovani donne – sei, otto -, alcune italiane e altre peruviane, tutte volontarie. Una comunità con una vita religiosa senza troppe formulazioni estetiche, ma l’essenza è quella, sottolinea. La piccola comunità e la casa sono diventate in questi mesi un punto di riferimento per la gente del posto. Per le bambine e i bambini che possono venire a giocare, dipingere e fare merenda. Per gli ammalati che sono in grado di muoversi, per avere qualche medicina da prendere con continuità, se necessario. Per le persone in genere, le donne, per chiedere qualcosa, un aiuto, un consiglio, una buona parola. La catechesi per i bambini è al sabato. “Le nostre giornate – continua la volontaria di Bondo – sono scandite dai bisogni della gente che viene, dai lavori nei campi, dall’aiuto nelle case”. “Siamo noi ad aver bisogno di aiutare gli altri, bisogno che nasce dal desiderio di donarci”. Una vita semplice, sobria, essenziale: “Una vita cristiana coerente”, dice così Romina Ghezzi.

Continua così la vita nella piccola comunità femminile a Illauro, nel “saperci donare agli altri in modo umile, pulito, silenzioso”.

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