Lampedusa, terra accogliente, ma allo stremo

Lampedusa: migranti a Cala della Madonna.

Lampedusa, fine luglio 2020  “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, nel senso che l’umanità non ha bisogno per imporsi alla violenza così come all’ignoranza di fatti eclatanti, ma di un’attenzione continua ai valori.

È il caso dell’isola di Lampedusa, la più lontana delle isole Pelagie dall’Europa e dalle coste italiane, quella maggiormente interessata al tema dell’accoglienza trovandosi sulla rotta principale dei migranti dall’Africa verso l’Italia, dalle condizioni miserande del Sahel al miraggio di un’Europa progressista e ricca. Pochi anni sono bastati per trasformare una pacifica esistenza su un’isola di periferia in un turbine di fatiche, rischi ed emozioni.

L’emergenza a Lampedusa ormai è nella vita quotidiana, con l’arrivo massiccio e continuo di migranti: è palpabile nei discorsi della gente, nella stessa accoglienza degli isolani, lo avvertiamo nei discorsi al ristorante così come sulle spiagge isolane o nei pressi del faro. Scossa, ma non travolta l’immagine dell’isola, che sta proprio ora cominciando a rivedere i primi turisti dopo il lockdown, blandendoli come non mai con una serie di servizi davvero notevole.

Lampedusa non è il paradiso, ma neppure l’inferno, e nemmeno il purgatorio. Accade che “se per Salvini, violentando grammatica e umanità, migrante è solo un gerundio o un participio, per molti abitanti di quest’isola è una persona”, ha scritto in un saggio penetrante Marco Aime, “L’isola del non arrivo”, per segnalare la innata empatia degli abitanti di fronte allo straniero, a coloro che vengono “da fuori”: ma, ironia della sorte, tutti ma proprio tutti i lampedusani vengono da fuori, anche i residenti; sull’isola manca del tutto ogni possibilità di nascere perché qui si nasce solo in Sicilia e le puerpere a tempo debito devono lasciare le loro case per trasferirsi sul continente-Sicilia!

Un’isola incantevole caricata di problemi tanto più grandi di lei, questa è la prima immagine dell’isola ed anche l’ultima, quella che rimane impressa dopo la nostra partenza dal molo.

Ci dicono che il sindaco Totò Martello è infuriato con le autorità italiane che lasciano correre e non mettono rimedi. A due settimane dalla visita della ministra dell’Interno Lamorgese, le promesse di interventi radicali a favore dell’isola rimangono tali: solo promesse. E questo non sta bene né alle autorità né alla popolazione, che si sente smarrita e abbandonata dallo Stato italiano. E intanto gli sbarchi si susseguono in modo drammatico, anche se chi fa il turista a Lampedusa stenta ad accorgersi di quanto accade lì accanto.

Naturalmente di tutto questo trapestio sull’isola poche le tracce in momenti di turismo come il presente, anche se è impossibile non intravvedere il via-vai di barchini tunisini affacciarsi sul porto.

Proprio la scorsa settimana si è assistito a una recrudescenza del fenomeno, con una impennata nell’arrivo giornaliero di migranti dalla Tunisia, il che mette in ginocchio l’isola. Sicuramente non bastano i trasferimenti straordinari predisposti dal prefetto di Agrigento a placare gli animi per questa ininterrotta fila di barchini o barconi all’orizzonte.

Come ha scritto da profondo conoscitore dell’anima lampedusana Aime, “Lampedusa non è il paradiso e a pensare i lampedusani tutti buoni si compie lo stesso peccato che si commette a giudicare tutti gli stranieri cattivi, o buoni. ‘Sventurata la terra che ha bisogno di eroi’, ha scritto Bertold Brecht. Forse a Lampedusa non ci sono eroi. Ci sono molte persone per bene. Di questo avremmo tanto bisogno…”.

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