Con un Manu Chao inedito a Rovereto riparte la musica

Manu Chao in concerto davanti alla Campana dei Caduti di Rovereto

Suonano ancora strano i concerti dopo la pandemia, ma quello di Manu Chao, nella suggestiva cornice della Campana dei Caduti a sovrastare una Rovereto notturna, più che di limitazione ha avuto il gusto del valore aggiunto: non è così usuale infatti vedere l’artista francese in questa veste “chitarra e voce“, e senza i bagni di folla che hanno caratterizzato la sua ormai più che trentennale carriera.

I fortunati, e forse troppo pochi intimi, che hanno potuto assistere al concerto, difficilmente dimenticheranno un’esibizione comunque energica e generosa, nonostante la dimensione acustica, con Manu Chao, affiancato soltanto dal percussionista uruguayano Mauro Mancebo, che non si risparmia per le circa due ore di musica in cui ripercorre, al rovescio, la sua storia musicale.

I primi pezzi in scaletta infatti sono praticamente tutti inediti, sebbene già sperimentati dal cantautore nella sua veste social da quarantena, durante la quale ha regalato giornalmente ai follower i suoi video “dalla cameretta”: la resa dal vivo è interessante e riscalda il pubblico in attesa dei pezzi più conosciuti, che puntualmente arriveranno. Prima dei grandi successi che animeranno il finale di concerto però c’è spazio per ripercorrere anche qualche gioiello del suo repertorio, ma anche per girare il mondo attraverso note provenienti dal nordest brasiliano, aperte da un sentito e condiviso dal pubblico “Fora Bolsonaro!”, o passando dal Mali di Amadou & Mariam, di cui Manu Chao ha prodotto un significativo album.

Le canzoni storiche ci sono tutte: “Me llaman Calle”, “La vida tómbola”, dedicata a Diego Armando Maradona e “Mr. Bobby”, per l’indimenticato Marley. Quindi il gran finale, che mescola i bis in lunghe jam sul filo conduttore di “Mala Vida” – era il 1988 e Manu Chao esordiva coi Mano Negra – su cui il pubblico, sforzandosi di mantenere il distanziamento sociale, non può esimersi dall’alzarsi in piedi e ballare. Una dopo l’altra ecco quindi “Clandestino”, dal sempre attualissimo spirito no borders, “Desaparecido”, “Bongo Bong”, un accenno di “Me gustas tu”, “Welcome to Tijuana”, fino ai saluti, con i presenti che, nonostante le due ore di musica ininterrotta, ne vorrebbero ancora.

Uno degli striscioni esposti dai lavoratori dello spettacolo al concerto di Manu Chao a Rovereto

Tanta musica e poche parole: per Manu Chao parlano i testi delle canzoni, la storia e la coerenza del percorso artistico, oltre che umano, mentre per le rivendicazioni sociali c’è spazio in tribuna, quando a fine concerto si alzano gli striscioni dei lavoratori dello spettacolo, a richiedere attenzione e supporto per la categoria che forse è uscita più penalizzata di tutte dallo stop dovuto alla pandemia. Che assieme alla musica, alla cultura e allo spettacolo ripartano anche i diritti di chi ci lavora, da dietro le quinte.

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