L’insegnante globetrotter, in bici nel pacifico Ladakh

Un’immagine del viaggio di Alberto Pedrotti

In Kashmir la tensione tra India e Pakistan rischia periodicamente di sfociare in una nuova cruenta guerra. Una carreggiata che collega Leh, capitale dello Stato indiano del Ladakh, con un aeroporto militare sull’Himalaya rischia di far deflagrare un conflitto tra Cina e India, le due potenze nucleari più popolose al mondo; qualche mese fa soldati indiani e cinesi si sono affrontati a mani nude per stabilire dove si trova il confine… Nel non distante Bhutan si cerca di incrementare più che il Pil (Prodotto interno lordo), la “Felicità interna lorda”, basata sulla gentilezza e sul rispetto delle donne.

La vita nel Ladakh (siamo nel cuore dell’Asia, in terre aspre e poverissime) scorre tra tradizioni e standard di vita atavici e lampi di “civiltà” che pare arrivare e ripartire in fretta. “È sorprendente quanti bambini si incontrano in queste contrade così remote” – osserva Alberto Pedrotti, insegnante globetrotter che ha percorso queste terre in uno dei suoi viaggi “poveri” in bicicletta attraverso i continenti impoveriti. “Non è raro imbattersi in un gruppone di monaci bambini che palleggiano con un pallone rudimentale dopo che una camionetta li ha scaricati, reduci dal monastero di Chushul, posto in una zona non accessibile agli stranieri”.

Sono posti, questi, che i britannici hanno attraversato in lungo e in largo durante la Seconda guerra mondiale anche se non facenti parte direttamente del Commonwealth. Pedrotti ha potuto visitare scuole come la Lamdon School dove le ragazze sono incuriosite dagli occidentali che girano in bici quelle strade sassose. Nella dorata distesa d’orzo ai piedi della gompa (letteralmente “solitaria dimora”, il nome che prende il tempio buddista) di Chemrey i canti dei mietitori allietavano il grande silenzio di posti solo apparentemente inospitali. Abitati da persone semplici, i volti curiosi e belli dei bambini, un coesistere pacifico di culture e religioni – buddisti, musulmani e indù – che convivono in una società ancestrale e aperta, generosa nelle relazioni tra la gente. Sono protagonisti i bambini – tanti come stormi benauguranti, il futuro, la speranza – che si recano a scuola nelle loro aule austere, imparano, giocano e sorridono. Protagoniste le donne, giovani donne musulmane e donne ladakhe, riconoscibili dal diverso modo di vestire ma accomunate dalla stessa intensa umanità.

La perdurante instabilità del Kashmir rende il Ladakh un’isola di pacificazione e convivenza gioviale. La Valle Spiti è ben conosciuta dalla cooperazione trentina per i lavori di restauro che sono stati finanziati nel monastero di Tabo, risalente al secolo X e che contiene preziose stanze affrescate. Un trittico di passi sui 5.300 metri a cavallo tra le valli dell’Indo e dello Shiokh sembra rendere la vita impossibile da queste parti, eppure c’è vita, ci sono traffici, in ogni contesto la storia umana è fatta di adattamento con la natura e costruzione di una propria civiltà. Le venditrici di ortaggi vendono le loro mercanzie lungo le strade sassose; gli incantatori di serpenti inondano l’aria coi loro suoni senza mai prendere fiato grazie alla pratica della respirazione continua. Osserva Alberto Pedrotti: “La vita sa essere molto essenziale nei posti più remoti e così nelle valli himalayane più lontane, quasi inaccessibili”.

Va detto che i monti del Ladakh non sono né i più alti, né i più spettacolari ed ambiti dell’Himalaya e non sono molto frequentati da spedizioni alpinistiche ed è forse per questo che queste terre conservano qualcosa di solitario e di intimo. “Fra la gente del posto non vi è nessuna velleità di salire quelle montagne che pure sono cornice essenziale della vita e della spiritualità del posto”. Un modo di vivere pacifico e armonico con la natura; nella luce mattutina di mezz’alba è possibile scorgerne l’intatta bellezza.

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