Migrante e rifugiato, i sei verbi di Francesco

Un’immagine della Festa dei Popoli che quest’anno è stata rinviata

Era il 1914 quando papa Pio X istituiva la Giornata Nazionale dell’Emigrante, segno di vicinanza e attenzione agli emigranti italiani che cercavano fortuna all’estero. Il popolo italiano, abituato a migrare, nei decenni si è scoperto chiamato ad accogliere a sua volta migranti. Così, nel 1973, la Giornata Nazionale dell’Emigrante fu ribattezzata Giornata delle Migrazioni. Ed oggi, coi tempi che sono velocemente cambiati – in particolare col fenomeno delle migrazioni interne ed esterne e con l’esplosione del fenomeno dei rifugiati e richiedenti asilo – questo appuntamento è la Giornata del Migrante e del Rifugiato.

Ogni anno il Papa scrive un Messaggio dedicato al complesso fenomeno della mobilità umana. Quest’anno Francesco ha deciso di dedicarlo “al dramma degli sfollati interni, un dramma spesso invisibile, che la crisi mondiale causata dalla pandemia COVID-19 ha esasperato”.

Papa Francesco è un uomo del fare e quindi, dopo aver lanciato nel 2018 i quattro verbi che caratterizzano l’operare in modo costruttivo nei confronti di chi scappa dal proprio Paese (Accogliere, proteggere, promuovere e integrare) quest’anno vi aggiunge sei coppie di verbi che corrispondono ad azioni molto concrete. Da “conoscere per comprendere” (perché i migranti vanno conosciuti per capire le loro storie) a “farsi prossimi per servire” (le distanze aumentano i pregiudizi e le possibilità di aiutare chi è in difficoltà). Da “ascoltare per riconciliarsi” (senza ascolto non si può né perdonare né capire) a “condividere per crescere” (che rilancia con forza il diritto che nessuno sia escluso dalle risorse del nostro pianeta). Infine, “coinvolgere per promuovere” (si mette in guardia da un interventismo in buona fede ma fine a se stesso, che impedisce di valorizzare le capacità di tutti) a “collaborare per costruire” (primo passo per preservare la casa ed il bene comune).

Ce n’è insomma per tutti e, a ben vedere, si va ben oltre il tema migranti. Il messaggio infatti è un invito a non restare immobili a guardare il mondo che passa, ad adeguarci all’indifferenza (il “peggior male” secondo Madre Teresa), evitando di pensarsi da soli, ma inseriti in un mondo in cammino.

Si trova inoltre un’attenzione particolare agli sfollati interni che, forse non tutti sanno, sono tantissimi in quanto sono coloro che si spostano – per guerre, carestie, catastrofi ambientali – all’interno del proprio Paese. Cosa che, in piccolo, riguarda anche l’Italia, visto che tra alluvioni e terremoti hanno costretto migliaia di nostri concittadini a “sfollare” (e per molti, anche a restare) in località diverse da quelle che abitualmente abitavano.

Questo invito all’attivarsi arriva anche in un momento, come quello della pandemia e delle fasi successive ad essa in cui siamo tutti concentrati sul nostro mondo, che può porre qualche interrogativo sul senso di una giornata dedicata ad “altri diversi da noi”, per quanto spesso ormai ben inseriti nelle nostre comunità.

È un quesito a cui ha risposto una delle rappresentanti della comunità rumena in Trentino. “In primo luogo – dice – dobbiamo ricordarci che siamo tutti figli di Abramo, accolto come straniero nel paese di Seth. Poi ci vuole il rispetto di diritti e doveri attribuiti all’essere umano in quanto tale, senza il quale non si potrà conseguire una vera coesione sociale. E soprattutto è bene, ogni anno, ricordarsi che tutti siamo migranti su questa terra”.

La Diocesi di Trento, per ricordare questa Giornata, nell’impossibilità di organizzare un evento come poteva essere la tradizionale Festa dei Popoli, ha deciso di esporre sulla facciata della Curia – dal 25 settembre al 4 ottobre – una serie di ritratti di migranti, intervallati da stralci del messaggio di papa Francesco.

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