Governo Conte, l’ennesima “nuova fase”?

La prima pagina di “La Repubblica” del 5 ottobre

Chiusa la bagarre delle campagne elettorali si sta davvero aprendo una più o meno mitica “nuova fase” nell’esperienza del governo giallorosso? La domanda non è peregrina visto quel che sta succedendo. Certamente, complice una malaugurata ripresa dell’epidemia, il premier Conte può considerarsi più solido al governo e tanto le opposizioni quanto le fibrillazioni interne alla coalizione governativa hanno meno spazio di azione.

Il ritorno del problema di contrastare quella che si presenta come una seconda ondata del Covid consente al governo di distrarre l’attenzione dai molti dossier che non riesce a chiudere (Autostrade, Ilva, Alitalia, ecc.) e modera quelli che avrebbero potuto essere attacchi pesanti ad una manovra economica che rimane piuttosto fumosa. La legge di bilancio ormai deve essere presentata, ma non si sa ancora bene come gestirla visto che la Befana Europea annunciata con grande clamore quasi certamente non arriverà alle date previste e forse porterà un poco più di carbone di quanto ci si aspettava. Inoltre, con il varo obbligato del prolungamento dell’emergenza ci sono da preventivare possibili altre spese (da fare in deficit) e non pochi problemi di gestione, considerando che non abbiamo grande fiducia nel meccanismo di affidarsi a commissari speciali con ampi poteri.

In questo quadro un rimpasto di governo che potrebbe sistemare qualche ministero in mani non proprio all’altezza della situazione viene escluso: Conte non vuole rischiare effetti a catena stante la crisi interna ai Cinque Stelle e tutto sommato non è certo che i ministri poco adatti potrebbero di sicuro essere sostituiti da personale migliore. Dunque meglio lasciar tutto come sta.

Del resto la situazione poco felice in cui versa M5S favorisce la chiusura di qualche questione aperta. Così è stato per la riforma dei decreti sicurezza, fortemente voluta dal PD. I Cinque Stelle di governo hanno capito che è finita l’epoca in cui potevano imporre la loro superiorità numerica in parlamento ed è iniziata quella in cui se vogliono sopravvivere almeno come gruppo dirigente non hanno alternative a mettersi al traino di Zingaretti e soci. La prospettiva di una piccola scissione capitanata da Casaleggio e Di Battista, ammesso che poi realmente ci provino (abbiamo qualche dubbio al proposito), spinge i “governisti” a starsene buoni col governo Conte. Se è vero che al momento di elezioni anticipate non si parla più, lo è altrettanto che in primavera ci saranno elezioni comunali in città importanti e sotto i riflettori, sicché o i Cinque Stelle riescono a rimanere in coalizione col PD o rischiano. La loro narrativa e quella dei loro supporter che senza il sostegno pentastellato il PD perde non è solo contraddetta dai fatti (da un lato in Emilia Bonaccini ha vinto senza di loro e così è accaduto in Toscana, dall’altro in Liguria con loro il PD è stato sonoramente battuto), ma nasconde la verità opposta, cioè che M5S senza il sostegno del PD non ha più storia.

Non si dovrebbe dimenticare che pure il PD, che indubbiamente si è rafforzato molto in questo tornante, ha l’handicap di un sostegno elettorale che rimane troppo basso per esercitare quel ruolo di pivot egemone che pure gli toccherebbe visto il deserto che ha intorno. Il fatto è che il partito di Zingaretti sembra non riuscire a sfondare oltre il muro del 20, ipoteticamente espandibile fino al 25%. Non riesce ad attirare nel suo seno un variegato mondo che si esprime in parte inclinando verso il centro, in parte non riuscendo a superare le nostalgie del massimalismo di sinistra, sicché è tutto un fiorire di partitini e di sigle, a volte velleitarie, sempre con percentuali di consenso più che modeste. Questo impedisce al PD di esercitare appieno un ruolo politico forte, sicché deve alla fine accettare l’alleanza subdola con quella ragnatela di poteri di varia natura che sono il vero sostegno alla premiership di Conte.

Fino a quando durerà questa situazione di relativo stallo è difficile da prevedere. La scommessa dei politici è che sia abbastanza per arrivare alle soglie del semestre bianco (che inizia il prossimo agosto) quando non solo non si potranno più sciogliere le Camere, ma tutto sarà calamitato dal grande gioco dell’organizzazione della successione a Mattarella. Però è roba che serve a salvare il posto alla classe politica, non a risolvere i problemi del Paese.

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