La pastorale a tu per tu (a un metro di distanza)

La nuova stretta decretata dal governo per fermare la risalita dei contagi non coglie impreparate le comunità parrocchiali. In diocesi la ripartenza autunnale sta realizzandosi in una modalità concordata e concorde: massimo rispetto per i limiti “salvavita” (degli altri, oltre che propria) e massimo impegno per non tenere in quarantena la vita cristiana, ma anzi rilanciare carità, annuncio e liturgia in forme nuove.

È come se oltre alle “opportunità contagiose” ricercate e realizzate durante il lockdown si debbano trovare altre possibilità ricorrendo a quella fantasia pastorale che rende nuove tutte le cose, complice lo Spirito Santo. L’unica cosa da non fare è maledire questo tempo, quest’autunno faticoso che avevamo sognato in discesa, perché “non esiste un tempo maledetto – come ci ripete ogni volta che può il nostro arcivescovo Lauro – perché ogni stagione può essere tempo favorevole”.

Un primo esempio: dovendo drasticamente ridurre le riunioni affollate, molte comunità si sono concentrate sulla cura dell’incontro per l’Eucaristia domenicale: nel rispetto dei posti contingentati (quasi sempre rivelatisi sufficiente) si sta cercando di vivacizzare l’intensità e anche il clima fraterno della celebrazione.

A partire dall’accoglienza dove i volontari dell’igienizzazione danno un caloroso benvenuto, passando per l’omelia che rilancia alcune condivisioni emerse dai gruppi “Sulla Tua Parola”, fino al segno della pace che tante comunità – recuperando anche uno stimolo uscito da queste pagine – hanno affidato ad un sorriso, ad un inchino o ad un semplice cenno del capo.

Altrettanto decisa è la determinazione degli animatori di oratorio a proseguire con la tenacia espressa nei Grest estivi a piccoli gruppi, inventandosi attività che, di fatto, portano l’oratorio “in strada”, favorendo per quanto possibile attività all’aperto, rigorosamente distanziate.

Ma la scelta diocesana forse più emblematica è quella che sabato prossimo coinvolgerà a distanza oltre mille adolescenti (solitamente affollano il Palazzetto) per una festa autunnale vissuta localmente e soltanto in collegamento prima radio e poi video con gli animatori. “Ci sentiremo Chiesa diocesana in cammino anche attraverso i social”, scrivono i promotori diocesani.

Si muovono co

La nuova stretta decretata dal governo per fermare la risalita dei contagi non coglie impreparate le comunità parrocchiali. In diocesi la ripartenza autunnale sta realizzandosi in una modalità concordata e concorde: massimo rispetto per i limiti “salvavita” (degli altri, oltre che propria) e massimo impegno per non tenere in quarantena la vita cristiana, ma anzi rilanciare carità, annuncio e liturgia in forme nuove.

È come se oltre alle “opportunità contagiose” ricercate e realizzate durante il lockdown si debbano trovare altre possibilità ricorrendo a quella fantasia pastorale che rende nuove tutte le cose, complice lo Spirito Santo. L’unica cosa da non fare è maledire questo tempo, quest’autunno faticoso che avevamo sognato in discesa, perché “non esiste un tempo maledetto – come ci ripete ogni volta che può il nostro arcivescovo Lauro – perché ogni stagione può essere tempo favorevole”.

Un primo esempio: dovendo drasticamente ridurre le riunioni affollate, molte comunità si sono concentrate sulla cura dell’incontro per l’Eucaristia domenicale: nel rispetto dei posti contingentati (quasi sempre rivelatisi sufficiente) si sta cercando di vivacizzare l’intensità e anche il clima fraterno della celebrazione.

A partire dall’accoglienza dove i volontari dell’igienizzazione danno un caloroso benvenuto, passando per l’omelia che rilancia alcune condivisioni emerse dai gruppi “Sulla Tua Parola”, fino al segno della pace che tante comunità – recuperando anche uno stimolo uscito da queste pagine – hanno affidato ad un sorriso, ad un inchino o ad un semplice cenno del capo.

Altrettanto decisa è la determinazione degli animatori di oratorio a proseguire con la tenacia espressa nei Grest estivi a piccoli gruppi, inventandosi attività che, di fatto, portano l’oratorio “in strada”, favorendo per quanto possibile attività all’aperto, rigorosamente distanziate.

Ma la scelta diocesana forse più emblematica è quella che sabato prossimo coinvolgerà a distanza oltre mille adolescenti (solitamente affollano il Palazzetto) per una festa autunnale vissuta localmente e soltanto in collegamento prima radio e poi video con gli animatori. “Ci sentiremo Chiesa diocesana in cammino anche attraverso i social”, scrivono i promotori diocesani.

Si muovono con prudenza ma cariche di entusiasmo anche le catechiste che hanno dedicato più tempo alla programmazione dei futuri incontri in tempo di Covid (a livello nazionale c’è una proposta di un anno sabbatico dedicato a riprogettare) prima di riconvocare i loro gruppi con modalità che saranno forzatamente diverse.

Nei mesi scorsi i preti trentini hanno avviato un’ “Operazione Ascolto” a piccoli gruppi – con la regia della Commissione formazione e del vicario del clero don Ferruccio Furlan – per sostenersi a vicenda davanti a questa condizione a rischio crisi per tutti. Giovedì scorso erano riuniti in 150 (ben distanziati nell’aula magna da 400 posti dell’Arcivescovile) e si sono reciprocamente “motivati” alla luce della Parola di Dio individuando lo stile pastorale di quest’inverno: meno riunioni (ed è un bell’aiuto alla semplificazione pastorale), meno convegni affollati; più spazio invece alle relazioni con le persone, affinché questo diventi – come ha detto il vescovo Lauro “l’anno della pastorale a tu per tu”, anche se ad un metro di distanza, privilegiando l’ascolto delle persone ferite, “visitando” le famiglie “porta a porta” con tempi più distesi, avvicinando le persone che nella comunità hanno più bisogno di ascolto e di speranza.

Con queste attenzioni si sono dichiarati in piena sintonia anche i laici del Consiglio Pastorale Diocesano che sabato hanno accolto la proposta della presidenza del CPD di privilegiare gli incontri sulla Parola di Dio, ispiratrice di fraternità anche nei giorni “tentati” dalla chiusura”. “Ma noi dobbiamo sempre essere prigionieri della speranza”, l’efficace incoraggiamento dell’Arcivescovo.

C’è spazio anche a un metro di distanza per vivere la missione (in questa Giornata annuale da condividere con le lontane comunità impoverite e segnate ora anche dal Covid) e la carità che fa sentire la carezza di Dio, anche se non possiamo stringere la mano dei nostri fratelli.

n prudenza ma cariche di entusiasmo anche le catechiste che hanno dedicato più tempo alla programmazione dei futuri incontri in tempo di Covid (a livello nazionale c’è una proposta di un anno sabbatico dedicato a riprogettare) prima di riconvocare i loro gruppi con modalità che saranno forzatamente diverse.

Nei mesi scorsi i preti trentini hanno avviato un’ “Operazione Ascolto” a piccoli gruppi – con la regia della Commissione formazione e del vicario del clero don Ferruccio Furlan – per sostenersi a vicenda davanti a questa condizione a rischio crisi per tutti. Giovedì scorso erano riuniti in 150 (ben distanziati nell’aula magna da 400 posti dell’Arcivescovile) e si sono reciprocamente “motivati” alla luce della Parola di Dio individuando lo stile pastorale di quest’inverno: meno riunioni (ed è un bell’aiuto alla semplificazione pastorale), meno convegni affollati; più spazio invece alle relazioni con le persone, affinché questo diventi – come ha detto il vescovo Lauro “l’anno della pastorale a tu per tu”, anche se ad un metro di distanza, privilegiando l’ascolto delle persone ferite, “visitando” le famiglie “porta a porta” con tempi più distesi, avvicinando le persone che nella comunità hanno più bisogno di ascolto e di speranza.

Con queste attenzioni si sono dichiarati in piena sintonia anche i laici del Consiglio Pastorale Diocesano che sabato hanno accolto la proposta della presidenza del CPD di privilegiare gli incontri sulla Parola di Dio, ispiratrice di fraternità anche nei giorni “tentati” dalla chiusura”. “Ma noi dobbiamo sempre essere prigionieri della speranza”, l’efficace incoraggiamento dell’Arcivescovo.

C’è spazio anche a un metro di distanza per vivere la missione (in questa Giornata annuale da condividere con le lontane comunità impoverite e segnate ora anche dal Covid) e la carità che fa sentire la carezza di Dio, anche se non possiamo stringere la mano dei nostri fratelli.

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