Campi profughi allo sbando, urgente l’apertura di corridoi umanitari

I campi profughi nella regione del Tigray, in Etiopia. Foto © Vita Trentina

I campi dei profughi eritrei nel Tigray, che ospitano circa 96 mila persone, hanno subito gli effetti dell’azione militare portata avanti dal governo centrale dell’Etiopia. L’agenzia Habeshia teme 6 mila rimpatri forzati ad Asmara. I profughi eritrei vivono da anni in quattro grandi centri di raccolta, gestiti dall’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), situati a Adi Harush, Mai Aini, Hitsats e Shimelba.

“Lo sconvolgimento portato dalla guerra – lancia l’allarme l’agenzia Habeshia di padre Mussie Zerai – rischia di far saltare questo fragile equilibrio e, peggio, ogni forma di protezione”. Due sono le minacce temute: “Il rischio di deportazione forzata in Eritrea e la difficoltà di sussistenza a causa della brusca interruzione di tutte le forme di assistenza e rifornimento anche dei beni più indispensabili”.

L’agenzia Habeshia chiede di “organizzare canali umanitari che consentano il trasferimento verso altri Stati delle migliaia di profughi che si sono trovati loro malgrado coinvolti nella guerra” e di “riaprire subito le frontiere del Tigray agli aiuti umanitari”. La guerra spaventa perché mostra tendenze regionali, coinvolgendo anche l’Eritrea attaccata con razzi sull’aeroporto di Asmara. E spaventa una nuova crisi umanitaria.

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