Al lavoro, senza paura, anche i ragazzi autistici ad alto funzionamento

Non sono tanti e spesso non hanno voce, ma, anche grazie al grande impegno delle loro famiglie, finalmente i bisogni dei ragazzi affetti da disturbo di Asperger sono stati ascoltati. Dovrebbe arrivare in Consiglio provinciale verso la fine del febbraio 2021 infatti il disegno di legge in materia di inserimento lavorativo delle persone con disturbi dello spettro autistico, presentato dalla consigliera del Pd Sara Ferrari, subito accolto dalla maggioranza, con la consigliera Vanessa Masè che già l’anno scorso si era impegnata sul tema.

Le recenti statistiche sull’incidenza dell’autismo in Italia parlano di circa un ragazzo su 80, 4 maschi per ogni femmina, con numeri in forte crescita, per via della maggiore attenzione alla problematica che ne ha facilitato il processo di diagnosi.

“Sono ragazzi somaticamente integri, ad alto quoziente intellettivo, ma che non sono in grado di esprimere le loro emozioni, le loro ansie, le loro frustrazioni interiori. Non è un deficit psichiatrico o cognitivo, ma riguarda la relazione con gli altri”, ci spiega il dottor Fabio Cembrani, ex Direttore dell’Unità Operativa di Medicina legale dell’Apss, da poco in pensione, che in Quarta Commissione ha fatto presente le sue osservazioni. “La proposta abbandona la strada dell’assistenzialismo per andare verso una logica generativa, capace di riconoscere e valorizzare la dignità delle persone più fragili e vulnerabili ed il loro diritto di inclusione e partecipazione”, osserva il medico, che sottolinea come il ddl interessi una delle categorie finora meno considerate, anche nel mondo della disabilità.

“Gli avviamenti messi in campo di solito per la disabilità fisica o psichica, su questi ragazzi non sono adeguati – aggiunge Cembrani -. Servono forme diverse di inserimento nel mondo del lavoro, innovative e coraggiose, con tutor formati, motivati e capaci, perché un fallimento lavorativo per questi ragazzi è quanto di più deleterio possa accadere, ed è un fallimento di tutte le istituzioni”.

La legge nazionale del 2015, finalizzata all’inserimento sociale, lavorativo ed educativo di persone con disturbi dell’autismo, in Trentino è stata recepita soltanto per due terzi, ci spiega Amelia Ress, in rappresentanza del gruppo di genitori che in questi mesi ha cercato di sensibilizzare le istituzioni a farsi carico della problematica: “Manca la parte dell’inserimento lavorativo che è la più difficile, i protocolli utilizzati per il collocamento mirato non sono pensati per persone con questo tipo di disturbo, che necessitano di attenzioni un po’ diverse, non a caso tra loro il tasso di disoccupazione è altissimo”. Tra i genitori c’è soddisfazione, anche se non ci si fanno illusioni: “Il fatto che esista un provvedimento è molto importante – prosegue Ress – il supporto della politica è stato fondamentale per fare il primo passo, che va trasformato in azioni concrete”.

Un aspetto su cui concorda anche Sara Ferrari, prima firmataria del ddl, nato, ci spiega, dal bisogno di “costruire un percorso protetto per queste persone all’interno del mondo del lavoro, garantendo monitoraggio e accompagnamento costante perché l’inserimento abbia successo e continuità. In questi anni si è fatto molto per i più piccoli, ma ci si è preoccupati meno di cosa succede quando questi ragazzi con lo spettro autistico ad alto funzionamento escono dal sistema protetto della scuola”, conclude la consigliera Pd, auspicando che con l’approvazione arrivi anche la copertura economica necessaria a formare gli operatori che serviranno. Le fa eco, dai banchi della maggioranza, la civica Vanessa Masè: “L’Agenzia del Lavoro dovrà lavorare per coinvolgere le aziende in percorsi di valorizzazione di questi ragazzi, che sono molto intelligenti: trattarli allo stesso modo di altre disabilità crea frustrazioni e sofferenze ed è profondamente ingiusto”.

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