Biodistretti del Trentino, ora occorre un salto di qualità

Campi coltivati in valle dei Laghi

È opinione consolidata nella comunità internazionale che la promozione della cultura biologica contribuisca a preservare le risorse non rinnovabili e a valorizzare le peculiarità del territorio ovvero, in estrema sintesi, migliorare la qualità della vita. Investire nel settore biologico puntando su ricerca e sviluppo è condizione necessaria ma non sufficiente affinché l’agricoltore convenzionale intraprenda di sua spontanea volontà un percorso di conversione a buone prassi agronomiche, peraltro potenzialmente capaci di rinsaldare il rapporto fiduciario con il consumatore finale.

Occorre un salto di qualità: il passaggio da un approccio aziendale ad uno territoriale incardinato sul dialogo aperto con istituzioni ed enti di ricerca. Partendo dal cibo la comunità – sempre più attenta a ciò che mette nel piatto – si interroga su quali relazioni rafforzare. Così è stato a metà gennaio per i presidenti di tre biodistretti trentini riuniti presso la Cantina sociale di Trento con tanto di proposte di rilancio del comparto e spunti di riflessione sul “ruolo dei produttori bio nel futuro dell’agricoltura, dell’economia e dell’ambiente del Trentino”.

Trento, Valle dei Laghi e Val di Gresta fondono le forze e fanno fronte comune. “Bisogna capire dove il Trentino voglia andare”, avverte Walter Nicoletti, moderatore della conferenza stampa. Dal suo autorevole punto di vista sul mondo rurale provinciale rimane parecchio da lavorare alla base del sistema perché un biodistretto, per funzionare a meraviglia, “deve nascere dal basso ed essere portato avanti dai produttori locali, che devono dialogare quotidianamente con il territorio”.

Oggi come oggi, il modello del distretto biologico non può esimersi dal coinvolgimento delle comunità locali. In nome di quasi quattrocendo soci produttori Giuliano Micheletti, Michele Bortoli e Loris Cimonetti rivendicano un surplus di attenzione da parte degli enti pubblici preposti, a partire dall’Assessorato provinciale all’agricoltura, dalla Fondazione Edmund Mach e dalle sigle sindacali di categoria. Si fanno interpreti e promotori di una cultura bio, da intendere nel senso letterale di “vita”, pronta a traghettare dai buoni e reiterati propositi ai fatti tanto attesi.
Nel novero delle azioni di sostegno, sviluppo e promozione del settore caldeggiate in comunanza di visioni e intenti emergono: il riconoscimento giuridico dei biodistretti trentini e l’accreditamento ai tavoli di concertazione istituiti dalla giunta Fugatti; il potenziamento dell’Ufficio per le produzioni biologiche, “che in futuro dovrà essere di supporto e di raccordo per l’intero sistema”; il potenziamento dell’Unità agricoltura biologica della Fem, notoriamente all’avanguardia nel campo della ricerca e sperimentazione agronomica; la semplificazione delle procedure burocratiche dinanzi alle sfide del mercato globalizzato e ciò anche in relazione alle ricadute positive sulla conservazione del territorio e degli equilibri paesaggistici; la promozione territoriale in chiave turistica attraverso “progetti speciali” lanciati da Trentino Marketing Spa e campagne di sensibilizzazione sulla green economy; la formazione professionale degli addetti di un settore, quello bio, capace di macinare fatturati sempre più consistenti.

Disposta ad attivarsi per quanto le compete, l’assessora Giulia Zanotelli conferma il finanziamento delle certificazioni biologiche per l’intera filiera, il riconoscimento giuridico dei biodistretti nella programmazione agricola 2021-2027 e la rappresentanza degli stessi all’interno del Tavolo verde dell’agricoltura. Le parti, che condividono la necessità di fare sistema, si dichiarano pronte a tradurre le scelte in progettualità ad ampio spettro.

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