Sindacati e associazioni sostengono la raccolta fondi per i profughi in Bosnia

Campo profughi di Lipa. Foto archivio Ipsia

I 900 migranti ospitati nel campo di Lipa, in Bosnia-Erzegovina, avranno presto una tenda refettorio dove mangiare e proteggersi dal freddo. L’iniziativa è possibile grazie a un progetto di Ipsia-Acli e Caritas ambrosiana, in collaborazione con Caritas italiana. La capo progetto Silvia Maraone, milanese, lavora lì da un anno con Ipsia-Acli e fa la spola tra la vicina cittadina di Bihac e il campo di Lipa sulle montagne. A Lipa sono stati conclusi i lavori di spianatura, è stata sparsa la ghiaia sul terreno. “Ora stiamo montando le tensostrutture per il refettorio, che potrà accogliere almeno 600 persone – ha detto Silvia Maraone all’agenzia Sir -. Poi installeremo una tenda di servizio, una per l’isolamento della scabbia e una tenda-moschea”.
Gli operatori umanitari e le volontarie di Ipsia-Acli (tra di loro anche una ragazza trentina e due studentesse che hanno studiato all’Università di Trento) sono impegnati in Bosnia da anni promuovendo “social cafè”: spazi di di animazione e socializzazione nei campi rivolti alle famiglie e ai bambini, dove, tra un caffè o un thè caldo, si fanno attività con i bambini, si gioca a carte, si organizzano tornei e corsi di lingua, si pratica un po’ di sport. Quelli di Usivak a Sarajevo e di Sedra, ad esempio, sono stati realizzati con 50.000 euro donati dall’Elemosineria pontificia, per volontà di papa Francesco.
Da ben cinque anni i migranti lungo la Rotta balcanica restano intrappolati dalla neve, dal gelo, dalle frontiere chiuse, dalle violenze delle diverse polizie di frontiera, dai respingimenti, dal silenzio e dall’ambiguità politica dell’Unione Europea che ha congelato i diritti di queste persone. E dalla nostra complice indifferenza.
Sono migliaia le donne, gli uomini e i bambini che da mesi vivono in condizioni disumane nei campi profughi della Bosnia-Ervegovina o accampati nei boschi vicino al confine con la Croazia. L’area balcanica rappresenta infatti una delle principali vie per chi fugge da Medio Oriente, Afghanistan, Irak e Pakistan, Siria – nel tentativo di trovare rifugio in paesi dell’Unione europea.
Dopo la chiusura delle rotte verso la Bulgaria, o attraverso la Serbia in Ungheria e Croazia, il flusso si è spostato maggiormente verso la Bosnia Erzegovina, un paese che presenta ancora moltissime fragilità conseguenti alla guerra dei Balcani, una povertà diffusa e un tasso elevato di disoccupazione.
Nell’aprile 2020, con l’inizio dell’emergenza pandemica, le autorità bosniache hanno concentrato migranti e richiedenti asilo rimasti senza accoglienza a Lipa, in un campo non attrezzato per i mesi invernali, senza strutture murarie, installazioni elettriche, fognature o acqua corrente. Con l’inizio del freddo le condizioni di vita sono diventate inumane. Afgani, siriani, pakistani, bengalesi, iraniani trascorrono le giornate senza fare nulla, ammassati in tende di 30 persone su letti a castello, avvolti nelle coperte per ripararsi dal freddo. Il 23 dicembre 2020, dopo mesi di vani appelli per trasferire i profughi in strutture che garantissero condizioni almeno dignitose, appelli tutti rimasti inascoltati, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM-OIM) ha lasciato la gestione del campo di Lipa. Il drammatico incendio avvenuto nello stesso giorno ha lasciato 1500 persone senza alcun riparo e assistenza, con temperature sotto lo zero.
Il progetto di Caritas e Ipsia va avanti grazie ai fondi raccolti per sostenere i migranti lungo la Rotta balcanica. Per sostenere la campagna di raccolta fondi si sono mobilitati anche i sindacati Cgil Cisl Uil, l’Arci, la Caritas del Trentino in collaborazione con l’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa del Centro per la Cooperazione Internazionale di Trento, che insieme alle Acli Trentine hanno presentato l’iniziativa mercoledì 17 a palazzo Geremia a Trento. Un appello alla solidarietà rivolto a a tutti i cittadini trentini. La somma raccolta verrà usata per realizzare cinque ricoveri temperati che potranno ospitare al massimo 50 persone ciascuno (100 in periodo no Covid). Qui profughi e rifugiati potranno ripararsi dalle intemperie e ricevere un primo ristoro.
Da Cgil Cisl Uil, Arci, Acli e Caritas del Trentino viene anche l’invito accorato a non voltare lo sguardo da un’altra parte, per farsi carico di questa situazione umanitaria, che richiede, insistono, accanto all’aiuto immediato, una risposta politica. “Significa cercare di porre condizioni di pace nei Paesi di origine dei migranti, che sono prevalentemente giovani, la cui partenza priva i loro Paesi delle forze migliori”, spiega Fabio Pipinato, vicepresidente nazionale di Ipsia Acli. In questo senso la Focsiv ha chiesto di rafforzare i progetti di cooperazione nei Paesi di origine. “Non siamo di fronte a una emergenza, ma a un flusso che dura da anni. E come tale va affrontato”.
Per sostenere il progetto di Caritas e Ipsia le donazioni possono essere fatte sul conto corrente intestato a Ipsia – Banca Popolare Etica (Iban: IT35S0501803200000011014347), Caritas Italiana – Banca Popolare Etica (Iban: IT24C0501803200000013331111), on line: sostieni.ipsia-acli.it/crowd/balkan-route.

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