Aprirsi a Dio, amando la terra

TROPPO BELLO PER ESSERE DISEGNATO Nel processo creativo che mi porta a comporre il calendario “Due piccoli pesci“, ogni illustrazione nasce in maniera diversa, dopo aver letto la frase del Vangelo scelta dalla Fraternità Gesù Risorto di Tavodo. Alcune tavole seguono un’intuizione fulminea, altre hanno bisogno di tempo di ricerca, lettura, riflessione. Altre ancora rimangono ad interrogarmi per giorni, fino a quando si genera in me un’immagine che mi pare “funzionare”. Questa è stata una delle illustrazioni più impegnative: è stato difficile per me immaginare come sarà il volto di Gesù trasfigurato. Deve essere meraviglioso… talmente bello e luminoso da non riuscire a disegnarlo. Ho preferito quindi non rappresentare il volto di Gesù – per non rovinarlo – in quel movimento aperto, in quell’abbraccio che ci attende. Consiglio creativo: per ricreare una situazione luminosa, prova a sovrapporre sull’immagine pezzetti di carta velina dai colori caldi e luminosi, immaginando quanto sarà bello il volto di Gesù. l.m.

DOMENICA 28 FEBBRAIO 2021 – II DI QUARESIMA – ANNO B

Letture: Gen 22,1-2.10-3.15-18 – Rom 8,31-34 – Mc 9,2-10

“La prima domenica di quaresima ci ha mostrato Gesù a confronto con la possibilità del male, faccia a faccia con Satana nella solitudine del deserto. Esce vittorioso da quella lotta e comincia a predicare il Regno di Dio e la conversione. In questa seconda domenica si trasfigura su un alto monte davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni.

Nell’itinerario quaresimale la trasfigurazione di Gesù indica il fine a cui tende questo cammino: la risurrezione, l’evento della Pasqua, di cui è anticipazione e profezia. Tutto avviene su un alto monte. Nella Bibbia il monte ha sempre un grande significato: sul Sinai Mosè si incontra con Dio e riceve le «dieci parole», i comandamenti, per aiutare gli uomini a vivere la loro umanità e il popolo a divenire comunità. Il monte è un invito a uscire dal quotidiano, dalle tante occupazioni per cogliere il senso degli eventi. Anche Gesù sale sul monte per chiarire quale sarà il suo percorso, ma ancor più per spronare i discepoli nelle scelte che dovranno fare, perché abbiano chiaro qual è la meta delle loro fatiche, perché superino i dubbi e le paure.

Poco prima Gesù aveva detto che «il Figlio dell’uomo dovrà soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi del popolo e dagli scribi, venire ucciso e dopo tre giorni risorgere». (Mc 8,31). Un annuncio del genere non era accettabile da chi lo seguiva e vedeva in lui il Messia. L’immagine del Messia, infatti, non poteva non essere che quella di un trionfatore, non di un crocifisso alla stregua dei malfattori. In fondo si riflette in queste attese dei discepoli anche il nostro desiderio di felicità. La vorremmo vivere in pienezza subito su questa terra senza aspettare la vita dopo la morte. La vorremmo sperimentare in questo tempo di pandemia, dove la parola d’ordine pare essere il sospetto nei confronti degli altri, che vanno tenuti distanti, perché potrebbero farci molto male.

Ebbene, in questo tempo diventa ancora più importante per il credente risentire la Parola del Padre: «Questo è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo» (Mc 9,6). Ascoltare Gesù fino in fondo può essere doloroso, ma è appassionante. Forse non sentiremo le parole che ci siamo immaginati, basate sui nostri schemi e su luoghi comuni. Gesù fa cadere le nostre sicurezze e ci porta verso la verità ultima, ci dice per quale motivo vivere e per quale motivo morire. Ascoltare Gesù significa scoprire il modo più umano per affrontare i problemi della vita e il mistero della morte. Pietro esclama: «È bello per noi stare qui!» È bello stare con Gesù! Per questo mi viene da pensare che uno dei compiti urgenti della Chiesa è quello di far nascere il gusto di credere, curando in modo più cordiale le celebrazioni liturgiche, assaporando meglio la Parola di Dio, gustando con maggior profondità l’Eucaristia e alimentando la pace interiore nel silenzio e nella comunicazione amorosa con Dio. Senza però voler fare come Pietro, fermare cioè il tempo, adagiandosi nell’esperienza del religioso e fuggendo dalla storia. Gesù lo richiamerà alla concretezza, lo farà scendere dal monte verso le faccende della vita di ogni giorno. Anche i discepoli e tutti i credenti dovranno comprendere che aprirsi al Dio trascendente, che nel Padre nostro preghiamo essere nei cieli, non può mai essere fuga dal mondo. Chi si apre a Dio, ama intensamente la terra.

Chi si incontra con il Dio di Gesù sente come insopportabile l’ingiustizia, l’abbandono e l’autodistruzione degli uomini. E allora mi pare affascinante lo slogan di Taizé: «Lotta e contemplazione», perché suggerisce che la fedeltà alla terra non ci deve allontanare da Dio e la fedeltà a Dio non ci deve allontanare dalla lotta per una terra solidale e fraterna.

E secondo voi?

So staccarmi dal quotidiano per capire in profondità i progetti della mia vita?
La fede aiuta la mia comunità ad assumere le contraddizioni del quotidiano per cercare insieme una soluzione fedele a Dio e all’uomo?

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