Un Dio che non tollera compromessi

MERCE NON IN VENDITA, MA IN DONO Mi è sempre piaciuto Gesù in questo passo del Vangelo! Lui, solitamente così calmo e pacifico, qui si mette a rovesciar tavoli e ad arrabbiarsi, come noi quando “ci prende il ghiribizzo”! Fra i vari oggetti prezzati e scontati, avevo prima disegnato un cartello di “Sconti per chiusura attività” ma poi ho pensato che non era quel che si può dire un messaggio di speranza per la nostra amata Chiesa. Ora in chiesa ci sono pochi bimbi, ma voglio sperare in un nuovo slancio nella vita comunitaria che ci fa bene. Perché se da una parte è vero che ognuno può coltivare i semi della propria fede individualmente, è altrettanto vero che la comunità cristiana è il terreno fertile in cui far germogliare questi semi. Consiglio creativo: costruisci un piccolo “listino prezzi divino”. Riesci a dare un prezzo a tutto ciò che Dio ti ha dato? Alla salute? Ai cinque sensi? Alle montagne, ai tramonti, alle nuvole? Hanno valore inestimabile… donati da Dio.

DOMENICA 7 MARZO 2021 – III DI QUARESIMA – ANNO B

Letture: Es 20, 1- 7; 1 Cor 1,22 – 25; Gv 2, 13-25

Il brano del Vangelo di Giovanni, che la liturgia proclama oggi, è molto noto. Si tratta di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio e che -a me pare- pone una domanda importante a tutti i credenti: che religione è la nostra? Quando Gesù entra nel tempio non trova uomini e donne in cerca di Dio, ma un commercio religioso.  Quello che avrebbe dovuto essere il luogo in cui si manifestava la gloria di Dio, il suo amore fedele, invece era diventato uno spazio dove si consumavano imbrogli e abusi. Quel tempio non era più la casa di Dio, in cui tutti si accolgono come fratelli e sorelle. Gesù non vi scorgeva più quella «famiglia di Dio», che avrebbe voluto formare con i suoi seguaci. Non era altro che un mercato dove ciascuno cercava di fare i suoi affari. E così il tempio aveva tradito il suo significato, cioè che Dio è un Padre a cui si rende culto solo operando per una comunità più umana, solidale e fraterna. La «religione del tempio» non era un guardare a Dio e imitare le sue opere, ma era diventata un commercio dove tutto viene comprato e venduto, compreso il mistero di Dio. Questa è la tentazione di sempre, forse non sconfitta nemmeno oggi. «Il gesto compiuto da Gesù è un gesto di protesta come quello dei profeti contro la profanazione della casa di Dio»(R. Brawn).
Cosa ha disturbato e fatto arrabbiare Gesù? Non certo il fatto che a Gerusalemme si facessero dei sacrifici, e che ci fosse bisogno, nel contesto culturale e religioso di allora, di animali vivi, che dovevano essere soppressi e offerti sull’altare; e nemmeno i cambiavalute, coloro cioè che cambiavano le monete imperiali (ritenute impure a causa dei ritratti incisi su di esse) con un’altra valuta valida per pagare la tassa che ogni ebreo versava per il tempio. Ad aver disturbato Gesù è stato probabilmente vedere tutte queste persone vicine, troppo vicine, al punto centrale in cui il popolo di Dio avrebbe incontrato il Signore. Ecco perché la scena di oggi viene interpretata dall’evangelista Giovanni a partire da due gesti profetici. Il primo quello di Geremia, che aveva ammonito il popolo dicendo che non poteva abitare nel tempio e poi vivere nell’ingiustizia (cfr. Ger 7). Ma l’evangelista Giovanni si rifà soprattutto al profeta Zaccaria, che al capitolo quattordicesimo, parlando di Dio, che avrebbe posto i suoi piedi sul Monte degli Ulivi, aggiungeva che in quel giorno non ci sarebbe stato nessun mercante nella casa del Signore degli eserciti (Zc 14,21). Il Dio di Israele è un Dio che non tollera compromessi. E uno dei compromessi più gravi è quello che c’è tra le cose sacre e gli interessi umani. Se c’è qualcosa per cui stare attenti come Chiesa e come credenti è proprio l’odore degli interessi! E meno male che Dio manda i suoi profeti a denunciare questi atteggiamenti sbagliati.
Questa pagina richiama tutti a una maggior serietà: dobbiamo abituarci a considerare la casa di Dio come la nostra casa, senza mai scendere a compromessi: non possiamo servire Dio e il denaro! La frase di Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,19) potrebbe anche essere compresa, secondo l’esegeta Renzo Infante così: se continuate a fare in questo modo, a commettere violenza e non rispettare la dignità delle persone e dei popoli, il tempio sarà distrutto. É’ certamente più facile costruire templi di pietra, anche fastosi, e credere che così si renda culto a Dio, piuttosto che credere che il nuovo tempio è Gesù e che la gloria di Dio è l’uomo vivente (cfr. 1 Cor 3,9; 6,19). Comportandosi di conseguenza.

E secondo voi?

Sono convinto che il tempio del Signore è luogo di preghiera e di lode e non una “bottega” in cui servirsi a piacimento?
So rispettare e onorare il nuovo tempio di Dio che Gesù ha indicato nella vita dell’uomo?

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