Ferrovia e spazi pubblici a Trento: una nuova (ri)generazione urbana?

Nel 2008 ero all’Università a Venezia, e a lezione di Trasporti già si discuteva del progetto per l’interramento della ferrovia nel centro della città di Trento. La proposta di Busquets del 2001 era stata approvata in consiglio comunale con 32 voti favorevoli su 44 ed era entrata a far parte del piano regolatore nel 2002. Ma per i successivi 18 anni è stata accantonata per mancanza di sostegno finanziario e timore della durata del cantiere.

Oggi il progetto è quasi realtà. In questi giorni si assiste a una corsa informativa per mettere la cittadinanza al corrente dei dettagli più delicati del progetto. Ma la direzione è chiara. Lo studio di fattibilità è positivo: è possibile interrare la ferrovia tra Filzi e via Monte Baldo e raddoppiare la linea della Trento Malé (progetto Nordus) che permetterà il collegamento nord-sud da Lavis a Mattarello tramite una metropolitana di superficie.

Anche il fronte finanziario è rassicurante: poiché i progetti più arditi dell’ecosistema urbano si realizzano con fondi straordinari, sono stati stanziati circa 950 milioni di euro dai fondi europei del Recovery Plan, che saranno integrati dal bilancio pubblico. Se i 700 milioni di investimenti olimpici hanno fortemente accelerato i processi di sviluppo urbano della Torino di metà anni Novanta, potenziando accessibilità e mobilità, le risorse straordinarie della crisi pandemica consentiranno di contagiare la cultura urbanistica trentina e di condurla verso scelte ambiziose e radicali.

Il progetto farà parte di un piano di trasformazione urbana molto più ampio e ardito che comprende, solo in Trentino, anche l’interramento di 12 chilometri di rete ferroviaria per il trasporto merci, da Mattarello allo scalo Filzi, che aggira la città di Trento e costituisce un pezzo importante dell’asse del Brennero e in generale del corridoio europeo nord-sud: i sondaggi delle ultime settimane ne stanno verificando la fattibilità. E la costruzione di una stazione ferroviaria provvisoria all’ex scalo Filzi e la stazione ferroviaria ipogea in piazza Dante.

Il progetto della circonvallazione e interramento della ferrovia di Trento presenta molti aspetti positivi dal punto di vista urbanistico, ambientale e della mobilità. Innanzitutto si inserisce in un piano sovraregionale di opere strategiche nazionali che propone la creazione di una rete europea dei trasporti unitaria, moderna ed efficiente. Riduce i consumi ambientali e i costi di trasporto merci,
permettendo di spostare un’ingente quantità di merci da gomma a rotaia e alleggerendo l’asse del Brennero, il corridoio più intensamente trafficato di tutto l’arco alpino. Al contempo, potenzia la linea ferroviaria della Valsugana tra Trentino e Veneto tramite l’elettrizzazione.

Inoltre aiuta la riconversione ecologica della città proponendo con il Nordus un modello di mobilità alternativo, efficiente ed ecocompatibile. Crea un tessuto connettivo tra il centro città e il suo confine occidentale, inglobando finalmente il fiume nel perimetro urbano (obiettivo purtroppo fallito dal progetto delle Albere). Rappresenta una nuova attrazione e un luogo di incontro per gli abitanti e i turisti e aumenta l’accessibilità delle aree verdi e la possibilità di interazione sociale in grandi spazi diversificati, valorizzando nuovamente alcuni edifici storici come la chiesa di San Lorenzo, che al momento si trova infossata tra la stazione delle corriere e quella dei treni.

Foto ufficio stampa PAT/Alessio Coser

Le preoccupazioni si concentrano soprattutto sul bilancio pubblico e sulla durata della costruzione, e molti mettono in dubbio l’effettiva necessità dell’intervento. Questi sono validi punti interrogativi, ma per valutare attentamente il progetto, bisogna considerare che la pianificazione urbana avviene attraverso processi lenti e a lungo termine, che utilizza principalmente fondi pubblici o straordinari, e
che molto spesso non comporta investimenti speculativi o con un ritorno immediato. A questo proposito, tuttavia, è interessante notare che nelle città collegate dal corridoio europeo, c’è stato un aumento del PIL del 7%.

Ma ci sono numerosi altri esempi di città che per mezzo di piani ambiziosi hanno creato luoghi urbani come spazio di rigenerazione sociale e politica, che a loro volta hanno generato profitti economici tangibili. Nel caso del piano strutturale Spoor Noord di Anversa la sostituzione di 1,6 chilometri di binari ferroviari abbandonati dal 2001 con un grande parco multifunzionale, ha risolto i problemi di integrazione in una zona residenziale a migrazione mista ai margini della città, aumentando il valore dei terreni e degli immobili interessati.

Un altro esempio è il progetto da 35 milioni di euro per bonificare 8 km del fiume Isar nel centro di Monaco di Baviera che ne ha reso possibile la balneazione. Dalle prime analisi di fattibilità nel 1995 alla conclusione del cantiere nel 2011, il fiume Isar è oggi uno dei simboli della città con le sue spiagge e insenature godute da decine di migliaia di persone, con centinaia di attività commerciali limitrofe che beneficiano ogni giorno del continuo flusso di persone. Il progetto ha creato un nuovo spazio pubblico che contribuisce a rendere la città attraente e ad attirare sempre più persone che decidono di trasferirsi per l’alta qualità della vita, per l’elevata offerta di attività per il tempo libero e per i suoi parchi urbani. Una piccola curiosità, alcuni di questi grandi parchi, come l’Olympiapark, ospitano colline costruite su detriti della Seconda guerra mondiale. Un ottimo spunto per rispondere alle obiezioni degli ambientalisti trentini che si chiedono giustamente dove saranno collocati i circa 2.000.000 di metri cubi di terra e di roccia dovuti allo scavo.

Nei prossimi mesi, a Trento sarà fondamentale organizzare e condurre un processo partecipativo aperto alla cittadinanza e agli enti pubblici interessati, che raccolga proposte concrete sui tipi di uso di un boulevard da 22 metri di larghezza e 2,5 chilometri di lunghezza. Questo potente strumento, se usato bene, permetterà ai cittadini di riappropriarsi di un pezzo inaccessibile della loro città e di partecipare attivamente alle scelte che cambieranno per sempre il volto del loro habitat, responsabilizzando e rendendo la popolazione co-proprietaria, fruitrice e custode del bene pubblico. Qualcuno ha attribuito a Busquets il connotato di “architetto etico” in grado di consigliare verso scelte giuste le pubbliche amministrazioni, e vede in lui il fautore della terza rivoluzione urbanistica trentina, dopo quella rinascimentale per la preparazione della città al Concilio ad opera di Bernardo Clesio e quella ottocentesca per mano degli austriaci, con la deviazione del fiume e la creazione della ferrovia.

Al di là del dibattito in sé, si tratta di un’opportunità unica che segnerà la storia della nostra città per le generazioni a venire. E voi come ve la immaginate questa rivoluzione?

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