San Giuseppe in Trentino, la tenerezza del padre

Con la Lettera apostolica “Patris Corde – Con cuore di Padre” dell’8 dicembre 2020, Papa Francesco ha ricordato il 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale. E non solo. Per celebrare tale ricorrenza, il Pontefice ha indetto uno speciale anno dedicato al padre putativo di Gesù. Un traguardo davvero importante per un uomo che nei Vangeli Canonici non proferisce neanche una parola e che nei primi secoli di vita della Chiesa viene quasi del tutto ignorato dagli scritti dei teologi e nelle raffigurazioni artistiche. La storia dell’iconografia di San Giuseppe segue le vicende del santo in campo teologico ed è per questo motivo che la sua immagine, nella storia dell’arte occidentale, non ha radici lontane nel tempo come quella della Vergine. Tranne rare eccezioni, nell’iconografia medievale la figura di Giuseppe è sempre contestualizzata all’interno delle scene descritte dai Vangeli di Matteo e Luca o narrate nei Vangeli apocrifi.

UN UOMO ANZIANO
In questi episodi, collegati alla vita della Vergine e all’infanzia di Gesù, Giuseppe ricopre un ruolo del tutto marginale, ed è presentato – secondo la tradizione apocrifa – come un uomo molto anziano, in modo da mettere in risalto la paternità divina di Cristo. Un esempio piuttosto tardo di questo tipo di iconografia si trova nella piccola Natività miniata all’interno di un antifonario dell’inizio del XV secolo conservato presso il Museo Diocesano Tridentino e proveniente dalla cattedrale di San Vigilio.

Miniatore di scuola veneta. Natività. inizi del XV secolo Trento, Museo Diocesano Tridentino

MODELLO DI UNIONE SANTA E CASTA
Il XV secolo segna una svolta nella storia del culto e dell’iconografia di San Giuseppe: in questo periodo il santo conquista l’attenzione di numerosi teologi e nel 1479 papa Sisto IV, il francescano Francesco della Rovere, istituisce per il calendario romano la festa di San Giuseppe. L’aumento della devozione nei confronti del santo va di pari passo all’innalzamento di chiese, oratori e cappelle in suo onore. Nelle opere d’arte del XV secolo, San Giuseppe viene raffigurato nelle Sacre Conversazioni e nel contesto degli eventi della vita di Gesù Bambino e della Sacra Famiglia, intesa come manifestazione terrena della Trinità celeste. Giuseppe è anche co-protagonista delle scene che ritraggono lo Sposalizio della Vergine. Ignorato dal Nuovo Testamento, l’episodio è narrato nei vangeli apocrifi e costituisce un interessante caso di tradizione del tutto inventata, che ciononostante riuscì a radicarsi nella tradizione e nell’arte cristiana, venendo a costituire il modello per eccellenza di unione santa e casta (nonché una metafora dell’unione di Cristo con la Chiesa).

Sposalizio della Vergine, affresco nella chiesa di San Vigilio a Spiazzo, attribuito a Simone Baschenis (1541 circa).

LO SPOSO PERFETTO
Diversamente da altre aree diocesane, nel principato vescovile di Trento la devozione verso San Giuseppe si propagò con maggior lentezza e solo dopo il concilio di Trento al padre putativo di Gesù venne riconosciuto il ruolo esemplare di sposo perfetto della Vergine. È proprio in questa veste che la figura del santo appare in un dipinto conservato presso la chiesa di Santa Maria Assunta di Civezzano (fine XVI secolo): qui il solo attributo di Giuseppe è rappresentato dalla verga fiorita, segno della sua elezione a sposo di Maria.

Attribuito a Marco Vecellio (fine sec. XVI). San Giuseppe. Civezzano, chiesa di Santa Maria Assunta

MODELLO DEL RELIGIOSO
Ma è nel corso del ‘500 e soprattutto del secolo seguente che la figura di San Giuseppe trova una dimensione nuova, completamente autonoma: le principali virtù riconosciute al santo – povertà, castità e obbedienza – lo rendono in quest’epoca di grandi trasformazioni il modello per eccellenza del religioso. La diffusione del culto, sostenuta principalmente dai carmelitani riformati e dai gesuiti, avviene in un contesto artistico di rinnovata attenzione alla realtà degli affetti: si afferma così l’iconografia di Giuseppe che tiene fra le braccia il Bambino, un’immagine che diventerà usuale nei secoli a seguire. È in questo clima che il pittore gesuita Andrea Pozzo dipinge la pala per l’altare di San Giuseppe nel santuario della Madonna delle Laste di Trento (1675 circa), opera attualmente conservata a Lasino.

Andrea Pozzo, Sacra famiglia con angeli 1674-1675. Lasino, chiesa di San Pietro

GIUSEPPE IL FALEGNAME
La storia di San Giuseppe non finisce qui. Anche se i Vangeli non raccontano come e quando morì il padre adottivo di Cristo, nelle chiese del Trentino è piuttosto diffusa l’immagine di Giuseppe che affronta il momento del trapasso circondato dagli affetti più cari, la sposa Maria e il figlio Gesù. Questa fortunata e longeva iconografia, nota con il nome di Transito di San Giuseppe, si diffonde a partire dal XVII secolo e deriva da un passo del testo apocrifo Storia di Giuseppe il falegname (VI-VII secolo). Tra gli esempi trentini spicca per qualità e pathos la bella tela di Domenico Zeni conservata nella chiesa parrocchiale di Volano. Purtroppo i sentimenti non possono essere storicizzati e sarebbe un errore guardare a questi dipinti con uno sguardo troppo ‘contemporaneo’. Tuttavia, l’immagine di San Giuseppe e l’amore da parte di questo padre terreno non possono che evocare i gesti commoventi e gli affetti sinceri di altri uomini e padri che conosciamo.

Domenico Zeni sec. XVIII-XIX. Transito di San Giuseppe. Volano, chiesa della Purificazione di Maria
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