Ines Pisoni, “Mi chiamerò Serena”

Ines “Serena” Pisoni nella vignetta di Giorgio Romagnoni

Nelle pagine del libro-diario “Mi chiamerò Serena”, si “agitano” i valori e le consapevolezze che hanno portato le donne a essere protagoniste della Resistenza e, successivamente, di tutto il secondo dopoguerra.

L’autrice, Ines Pisoni, nasce a Trento il 28 aprile 1913. Negli anni Trenta lavora come insegnante in un istituto tecnico della città. Cattolica, da sempre nutre un forte senso di giustizia. A scuola, ad esempio, si ribella contro la direttrice perché, mentre i tessuti prodotti dalle studentesse costavano moltissimo, le allieve, del ricavato, vedevano poco o niente. Quando la direttrice le risponde che sta dalla parte sbagliata – delle studentesse, non della scuola – lei replica: “Non sono sola. E non ho paura, perché le mie ragazze, e la mia coscienza, sono con me”.

Ines Pisoni si avvicina al movimento antifascista nel 1938, quando incontra il medico Mario Pasi, che a quel tempo lavorava al Santa Chiara. Ines si reca in ospedale per trovare sua cognata, ma viene respinta da Pasi perché è fuori dall’orario per le visite mediche. Inizia così una vivace discussione che termina con una risata del medico, il quale si complimenta con Pisoni per la sua schiettezza. Lei torna in ospedale qualche giorno più tardi, e consegna a una suora un mazzo di fiori. “Un povero medico cura un malato, e queste qui portano i fiori al padreterno”, commenta ironicamente Pasi, ateo convinto.

Pisoni sarà sua compagna di vita, di lotta e di ideali sino alla morte del partigiano “Montagna”, avvenuta il 10 marzo 1945, dopo mesi di torture. Sin dall’inizio della loro relazione, però, si impone come una donna con una forte personalità. “Gli ripeto che vorrò dimostrargli di aver seguito un’idea, e non un uomo”, chiarisce. Spesso il medico le porta dei libri e comincia dei discorsi che, a suo parere, “non sono adatti alle donne”; Pisoni è invece determinata a dimostrargli il contrario, e si butta con convinzione nella stesura di alcuni articoli per “Il Proletario”, il giornale fondato dal movimento antifascista trentino nel 1942. Inizia a scrivere il suo primo pezzo in piena notte, e termina solo con le luci dell’alba, quando sceglie di scrivere servendosi delle stesse parole che userebbe per fare lezione alle sue studentesse.

Pasi entra nelle fila della Resistenza nel 1944, ma Pisoni non rimane con le mani in mano: porta avanti l’attività clandestina a sostegno dei partigiani e sceglie “Serena” come nome di battaglia.

Ines Pisoni dimostra questa stessa personalità anche all’interno del “suo” partito, il Partito Comunista: nel 1945, quando si sente giudicata per essere influenzata da “sentimentalismi borghesi”, si ripete con forza “Al diavolo gli schemi; sarò fatta male, ma io voglio essere me stessa”. Il suo impegno prosegue anche nel dopoguerra all’interno della Cgil, per la quale scrive il saggio “Parità di salario per le donne italiane”.

Pisoni è morta a Roma il 4 ottobre del 2005. Parte della sua storia è raccolta, oltre che in “Mi chiamerò Serena”, nel film di Roberto Marafante e di Andrea Tombini “Montagna Serena”.

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