La vicenda di Cefis nell’Italia dei misteri

Eugenio Cefis, friulano di Cividale, è stato molte “cose”: ufficiale dell’Accademia militare di Modena sotto il fascismo; dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 partigiano “bianco” in val d’Ossola in contatto con i servizi segreti Alleati; massone; imprenditore; presidente dell’Eni, la multinazionale di Stato in campo energetico fondata da Enrico Mattei (scomparso nell’”incidente” aereo di Bascapè) di cui fu collaboratore e successore; presidente di Montedison, la chimica italiana (e molto altro). Nel 1977 diede le dimissioni e si ritirò in Svizzera (mai nessuno ha saputo veramente perché, solo ipotesi) dove morì a Lugano nel 2004, all’età di 82 anni. Su di lui si sono scritti fiumi d’inchiostro, anche da parte della magistratura (comparve anche a Trento, nel 1985, convocato in tribunale nell’ambito dell’inchiesta sulla tragedia di Stava, sul crollo dei bacini di Prestavel).

Centinaia e centinaia di pagine per provare a svelare i retroscena di una vita all’insegna della riservatezza (inversamente proporzionale all’interesse sul personaggio, alle poche interviste rilasciate e alle rare foto scattate) e della spregiudicatezza. Senz’altro è stato uno degli uomini più influenti e potenti di quell’Italia che va dagli anni Sessanta alla metà dei Settanta, capace di “pagare” la politica e, nello stesso tempo, di assecondarla. Di lui si è detto che c’entrasse qualcosa, ne fosse addirittura il mandante, con le morti di Mattei ma anche dello scrittore Pier Paolo Pasolini che nel postumo “Petrolio” avrebbe collegato Cefis con la scomparsa del fondatore dell’Eni e del giornalista Mauro De Mauro che stava per svelare i retroscena di quell’incidente aereo le cui cause rimangono ancora un mistero. Ci si sono messi anche i servizi segreti a mettere nero su bianco che Cefis fosse il fondatore della P2, la loggia massonica guidata da Licio Gelli. Altri hanno detto e scritto che avrebbe fatto parte di chi, nel 1970, aveva intenzione di rovesciare l’Italia con un colpo di Stato “indolore”, verso un presidenzialismo “spinto” che superasse l’eterno “traccheggiare” dei partiti.

Ce n’è abbastanza perché un giornalista come Paolo Morando (fino a gennaio vice caporedattore del “Trentino”, quando il giornale fu chiuso da un giorno all’altro), curioso di suo, ora collaboratore dell’”Huffington Post” e di “Internazionale”, già autore di un paio di libri che si occupano del periodo della fine degli anni Settanta e del decennio successivo, mettesse mano alla materia. Stimolato dall’amico filmaker Luca Dal Bosco che, per via di racconti familiari, di Cefis si interessa da anni.

Eugenio Cefis. Una storia italiana di potere e misteri, pubblicato da Laterza, lungo 346 pagine più fonti, bibliografia e indici, è il risultato della ricerca, di notti insonni passate a leggere libri su libri, “compulsare” la Rete e intercettare personaggi che sull’”uomo nero” potessero dire qualcosa. Il pregio del racconto di Morando, straordinariamente documentato, è quello di riuscire a mettere insieme una mole di materiali (collegandoli uno all’altro), seminare indizi e ipotesi, proporre alcuni inediti.

Ne risulta un ritratto di Cefis sfaccettato, multiplo, non unidirezionale. Specchio di un’Italia che non esiste più, al centro di intrighi e misteri, trame politiche e boom economico ma anche di una visione di futuro, comunque la si pensi. In sintesi, quella Prima Repubblica spazzata via da Mani Pulite, oltreché dalla caduta del muro di Berlino.

Per lasciare il posto ad un Paese che, al netto della pandemia, non si capisce bene cosa sia, al centro di un cantiere il cui progetto risulta ancora un disegno incompiuto e confuso.

 

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