Tarcisio Grandi ci lascia l’idea di una Regione unita

Non è facile – ora che lo dobbiamo affidare al suo Signore dopo una malattia penosa affrontata con coraggio – cogliere nella vita di Tarcisio Grandi un’immagine unificante delle sue intense stagioni politiche: dalle leadership fra gli studenti del Gruppo Milani al lungo governo democristiano travolto da Tangentopoli, dall’animazione  dei quartieri come assessore comunale alla cultura a tessitore della famosa legge 35 sul privato sociale in Provincia. Al fianco di Mons. Rogger in alcune storiche scelte per la crescita dell’alta formazione fino alla spiacevole vicenda della compagnia con il funzionario Zaffi arrestato a Mosca. Con gli anni di governo Grandi aveva assunto uno stile  più austero e  distaccato – lo chiamavano monsignore – e molti gli rimproverano la perdita della sua radice popolare. Eppure qui vogliamo ricordare un aspetto della sua vita poco noto che esprime invece un desiderio di tornare a guardare la nostra terra “dal basso”.

Lasciata la politica,  si fece promotore di un viaggio fra i masi dell’Alto Adige e del Trentino per raccontare come la Regione che egli  aveva presieduto stava cambiando e come però resistevano  ancora tanti motivi per tenere insieme le genti e le culture sull’asta dell’Adige fra Trento e Bolzano. Quel reportage, in cui accompagno per quasi due anni il nostro fotografo Gianni Zotta e l’autore delle interviste Francesco Bocchetti, diventò un libro uscito nel 2010 che rappresenta forse un testamento politico di Tarcisio Grandi, valido anche oggi  in tempi in cui molti vorrebbero abbandonare la degasperiana visione regionale per.lasciarla alla deriva della  solitudine e dell’isolamento fra  loro delle due province.

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