Come la nostra Chiesa investe sulle vocazioni

Un’ordinazione sacerdotale. Foto © Gianni Zotta

A leggere fino in fondo l’elenco ancora lungo degli “spostamenti dei preti” – come si chiamano popolarmente i mandati di ministero – viene da pensare con realismo ai prossimi decenni: “Neanche un prete per chiacchierar…?” Le proiezioni anagrafiche ci dicono che rimpiangeremo l’attuale disponibilità di sacerdoti (per questo li ringraziamo) e ci impongono di investire subito sulle risorse umane. È vero che non è solo l’aumento del totale dei consacrati a stabilire la vivacità di una Chiesa, come è certo che il loro calo farà crescere la corresponsabilità dei laici.

Eppure non dovremo “liquidare” il deficit annoso di vocazioni con una mentalità ragionieristica, lasciandoci cadere in un pessimismo per nulla evangelico. Prendiamo invece spunto dalle pagine davvero vocazionali del romanzo appena scritto da don Alberto Ravagnani, 28 anni, il catechista-cappellano di Busto Arsizio, noto a livello nazionale anche per i suoi dialoghi con i giovani nei social media. Nel libro uno degli adolescenti dell’oratorio descrive il cappellano come “uno che mi vuole bene come un padre, sa darmi consigli come un fratello maggiore, è sempre al mio fianco come un amico. Riesce sempre a dirmi la cosa giusta al momento giusto, su qualsiasi argomento. Pure sulla ragazza. Incredibile!”. È un ritratto neanche troppo ideale di quanto un prete anche oggi possa essere prezioso anche per un giovane di oggi (“La tua vita e la mia vita”, s’intitola il romanzo), come tutti possiamo confermare pensando a giornate gioiose o tristi in cui abbiamo goduto di un prete accanto, della sua parola o anche solo della sua vicinanza umana e spirituale.

Non ci deve stupire quindi nei nuovi ministeri l’investimento – chiamiamolo così, proprio perché non si tratta di un calcolo economico – compiuto dalla Chiesa trentina su un prete a tempo pieno, don Vincenzo Lupoli, per accogliere i giovani in ricerca nella nuova Casa Vocazionale in viale Verona. Una casa con le porte aperte ai giovani e le finestre spalancate. Dove possa soffiare liberamente il vento dello Spirito, ma anche dove l’inquietudine tempestosa possa trovare un approdo di ascolto: le sue domande laceranti, acuite dal periodo di lockdown, i silenzi inascoltati, la disponibilità a tirar fuori il meglio di se stessi nell’impegno. Proprio come fanno Federico e Riccardo nel libro di Ravagnani, studenti in conflitto che si lasciano cambiare dall’esigente periodo di volontariato in una casa di cura per malati oncologici.

L’avvio di questo focolare casalingo per i giovani che verificano il loro sogno di farsi “preti per la gente” è un passaggio rischioso, come ogni investimento. Non è però azzardato perché maturato nel tempo. Soprattutto perché accompagnato dalla preghiera in quella veglia “Con gli occhi di Dio” guidata ogni primo giovedì del mese dall’arcivescovo Lauro. L’altro grande modo di investire sulle vocazioni.

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