Referendum sul Distretto Biologico trentino, le perplessità della CIA del Trentino

La vicepresidente della CIA del Trentino, Mara Baldo

Tra le voci più critiche nei confronti del referendum, attraverso un comunicato diramato nei giorni scorsi, si è levata quella della CIA del Trentino, associazione degli agricoltori che a livello nazionale difende gli interessi della categoria. “Ma non siamo nè per il Sì, nè per il No”, puntualizza la vicepresidente Mara Baldo, che abbiamo interpellato, distogliendola dalla raccolta delle mele che in questo periodo la sta occupando in maniera intensiva.

Quindi che indicazioni darete?
Non diamo indirizzo di voto. Non si può essere per il No: io sono una produttrice bio da 30 anni, figuriamoci se sono per il No. Però non mi sento neanche di essere per il Sì. Noi produttori biologici da tanto, abbiamo fatto un percorso lungo e difficile, e sappiamo bene che non è con un Sì o con un No che si diventa bio. Per questo vogliamo che gli elettori riflettano su cosa stanno votando e si informino rispetto ai temi, che ci sembrano molto semplificati dalla campagna referendaria.

Confermate il vostro scetticismo rispetto al referendum.
Il referendum è uno strumento democratico e dispiace se a volte viene usato un po’ superficialmente. Inoltre non capiamo perché i promotori non abbiano voluto coinvolgere in primo luogo la nostra categoria, che poi è quella che dovrebbe impegnarsi di più nel processo.

La ritenete una proposta calata dall’alto?
Si vuole rendere tutto il Trentino bio: non è per niente facile. Ci sono zone più vocate e zone meno, e in ogni caso è un percorso che si deve fare sensibilizzando in primis gli agricoltori che lo scelgono e dando loro gli strumenti per intraprenderlo.

Non può essere un primo passo?
Il referendum ha mosso un po’ le acque e questo è bene, ma non è con una legge che si risolve il problema: se non abbiamo agricoltori formati, tecnici che li assistono e la giusta ricerca, la legge serve a poco.

Denunciate il rischio di una frattura, cosa intendete?
Non vogliamo che si creino differenze tra produttori bio e produttori non bio, come se i primi fossero più bravi degli altri. Lo dico da produttrice bio, se un agricoltore che non ha gli strumenti per fare bio fa un buon integrato e usa i prodotti meno impattanti, è un bravo agricoltore allo stesso modo, che sta facendo un percorso per ottimizzare il risultato. Non si deve creare una categoria di agricoltori bravi e una di meno bravi, ma dare gli strumenti perché tutti possano essere bravi con ciò che hanno.

Dovesse vincere il Sì, cosa cambierebbe per la categoria?
Se la popolazione lo chiede noi non siamo sicuramente contrari, ma non illudiamoci: non è perché la Provincia fa una legge che il territorio diventa automaticamente bio.

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